sabato 7 maggio 2011

"Redde Rationem"


Durissime dichiarazioni contro Ahmadinejad dalla tribuna della preghiera del Venerdì. L'imam della preghiera Sadighi è arrivato a minacciare che, se Khamenei lo ordinasse, ad Ahmadinejad non sarebbe nemmeno più lecito accosatrsi ala moglie... (ok, dalla foto non sembra una gran perdita, ma neanche lui è bello).

Anche Larijani, presidente del Majles (parlamento), sembrerebbe orientato a richiedere l'impeachment. Basterebbe il voto dei 2/3 dei deputati se non ricordo male.

Gli imam della preghiera e i deputati di questa legislatura devono la propria posizione direttamente a Khamenei e a lui rispondono. Quindi la controparte del confronto è proprio il Leader, che nel solo luglio del 2009 aveva tagliato corto sulla questione brogli elettorali denunciati dall'opposizione sostanzialmente dicendo che "brogli o no io ordino che il presidente legittimo è Ahmadinejad".  

Infine ieri sono stati arrestati alcuni dei collaboratori più stretti di Ahmadinejad. Insomma lo scontro è durissimo.

L'offensiva contro Ahmadinejad arriva dopo due settimane di duro confronto sulla composizione del governo: il ministro dell'Informazione (responsabile dei servizi segreti) è stato recentemente allontanato dal presidente. Khamenei ne ha chiesto il reintegro e il capo del governo ha ignorato la richiesta. A monte di questo problema contingente però c'è un problema più radicale. I due poteri "istituzionali" del regime (militaristi laici e assolutisti religiosi) sono arrivati al confronto diretto dopo aver messo agli arresti i capi dell'opposizione democratica, Mousavi e Karoubi.

Recentemente nel paese ha cominciato a girare un DVD in cui Ahmadinejad viene presentato dai suoi come il "precursore del Mahdi". Per capirci, è come se il PDL facesse girare un filmato in cui Berlusconi viene definito seriamente l'araldo dell'Apocalisse: ovvio che le gerarchie della Chiesa non la prenderebbero bene. Questa in Iran è roba seria: a Qom i grandi ayatollah sono fuori di sé ma molti di loro sono praticamente agli arresti domiciliari perché si oppongono anche a Khamenei.

Ma anche qui siamo più di fronte ad un sintomo che alla causa. Quando Ahmadinejad dice di essersi sentito circondato da un'aura di santità mentre parlava all'ONU della questione palestinese, o quando il suo advisor (ora agli arresti) Rahim Mashai sparisce tra gli alberi, e poi torna dicendo che era stato "convocato a colloquio dallo spirito del Mahdi", lo sta facendo per crearsi una legittimazione divina senza l'intercessione di Khamenei o dei capi religiosi del paese. In altre parole vuole avere un potere proprio senza che questo sia dovuto alla volontà di un'altra istituzione.

Fuori da questo contesto c'è un terzo attore che è il movimento dell'opposizione. Certo ha subito una dura repressione, ma c'è differenza tra convincere qualcuno e impedirgli di parlare, e percià il suo potenziale è lì tutto intero. Tutto sommato qualche mese fa gli analisti del movimento ci avevano visto giusto: le manifestazioni di strada sono sempre finiti per compattare il regime contro l'opposizione, mentre la loro assenza sta ora scatenando il conflitto interno.

Non è possibile prevedere se da questo confronto uscirà vincitore Khamenei o Ahmadinejad (io punto sul primo). Ma la cosa certa è che ne uscirà notevolmente indebolito.

martedì 15 febbraio 2011

Sul metrò

 
Non c'è nulla di meglio del viaggiare sui mezzi pubblici per captare l'umore della gente. Generalmente tendo ad andare al lavoro a piedi, ma una volta alla settimana salgo su un autobus anche per una o due sole fermate. 
 
In genere ascoltando la gente sento delle fastidiosissime cazzate e mi chiedo chi me l'abbia fatto fare. Ma è comunque un bene. E' come punzecchiarsi quando si è al freddo per non perdere sensibilità. Traduco un breve articolo di un collaboratore di Peyknet.

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In Iran nell'attesa della rabbia repressa della gente

Il terrore di condividere il destino della Tunisia e dell'Egitto si è già impadronito del regime. Ieri, seguendo le orme del presidente dello Yemen, dell'emiro del Kuwait e dei re della Giordania e dell'Arabia Saudita, Ahmadinejad ha fatto diffondere la notizia che il governo avrebbe ripreso parzialmente a calmierare il prezzo della frutta e dei beni di consumo. Queste promesse nascono dalla paura di dover affrontare la rabbia popolare in una rivolta per il pane che, se anche non dovesse esserci domani, potrebbe scoppiare in un qualunque altro giorno.

Oggi mi trovavo sul metro. La gente si lamentava perché il prezzo del biglietto a corsa singola presto aumenterà a 900 tuman (*). Discutevano di questo e facevano piovere una grandinata di insulti su tutto il governo. A qualcuno è scappato da dire che domani c'è una manifestazione di protesta, da piazza Emam Hossein fino a piazza Azadi. Molti non lo sapevano.
 
Ho visto con i miei occhi quanto sia forte oggi il movente economico per una rivolta popolare. Sono certo che se i leader del movimento convocassero una marcia di protesta contro il carovita e la disoccupazione ci sarebbe l'esplosione di rabbia di cui scrivevo poco sopra. Ma forse è proprio per questa ragione che non lo hanno ancora fatto. Perché sanno che le conseguenze di una rivolta di quel tipo sono incontrollabili, e per adesso sperano ancora che il regime torni alla ragione.

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(*) Circa 0.70 euro. Da notare che in Iran il reddito medio procapite lordo è di 8.000 euro all'anno circa. Facendo il rapporto è come se in Italia il biglietto a corsa singola venisse a costare 2 euro.

lunedì 14 febbraio 2011

Felice come l'uomo del banco dei pegni


Qualcuno si chiede perché bloggo meno. Io invece mi chiedo spesso cosa farei se vivessi lì. Se avessi dei figli - alla mia età in Iran spesso si hanno dei figli grandicelli - li farei uscire di casa per andare in corteo, o li incatenerei nello sgabuzzino? Io stesso andrei al corteo? Lascerei la busta con dentro il testamento sulla scrivania prima di uscire, come fanno molti di quei ragazzi?

In fondo il movimento ha mostrato che nonostante la durissima repressione è vivo e vegeto. Il terrore del regime è direttamente proporzionale alla scompostezza della sua reazione ogni volta che la coerenza delle sue bugie viene a galla. E comunque un morto solo lo avrei sottoscritto ieri sera.

Ma io sono qua e la mia generazione è sparita. Anagraficamente in Iran non ci sono maschi classe 1965: morti durante la rivoluzione, morti durante i primi anni del khomeinismo perché stavano nella corrente rivoluzionaria sbagliata, morti in guerra, morti dopo la guerra per le conseguenze dell'iprite tedesco usato da Saddam, mutilati, oppure fuggiti all'estero. Io sono di quelli fuggiti all'estero. Loro sono lì e rischiano, io sono qui e la racconto, è la storia della mia vita. Dovrei sentirmi bene: sono al sicuro, non rischio niente e ho la consolazione di stare dalla parte giusta.

Si dice che l'incidenza dei suicidi fosse alta tra i sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Come "l'uomo del banco dei pegni", o come Primo Levi, per fare giusto due esempi. Deve aver a che fare coi disturbi da depressione post traumatica. Non sono mai stato il tipo da piangistei, e sono parecchio lontano dalla pur minima tendenza al suicidio e alla depressione. Ma non sto affatto bene quando racconto cosa succede lì. Anzi a dirla tutta mi sento uno schifo.

Carter e Obama, l'Iran e l'Egitto

A fine gennaio la gente in piazza Tahrir chiedeva il semplice passaggio delle consegne da Mubarak al primo ministro Suleyman. Mubarak ci mise troppo tempo e così, quando questo passaggio avvenne, la gente ormai voleva niente meno che le dimissioni. La mia sensazione è che, se Mubarak avesse provato a tirare avanti ancora per un mese, l'Egitto sarebbe finito come l'Iran.

Nel 1979 l'uscita di scena dello Shah avvenne troppo tardi. Per i movimenti islamici era ormai chiaro che le strutture dello stato si erano già disgregate, e che sarebbe stato sufficiente un ultimo sforzo per raccogliere il frutto maturo del potere.

La gente avrebbe seguito. Era chiaro a tutti che lo stato monarchico non sarebbe più stato in grado di garantire gli stipendi, le pensioni, e nemmeno l'ordine pubblico. Nel febbraio del 1979 agli occhi della borghesia iraniana, ufficiali dell'esercito inclusi, l'unica struttura politica con un capo e una coda e in grado di riportare l'ordine, era l'Hezbollah.

Nell'autunno del 1978, sulla spinta di un'opinione pubblica occidentale disgustata dalle stragi della repressione, Carter abbandonò lo Shah. Gli USA cercarono di giocarsi la carta della liberaldemocrazia con Shapur Bakhtiar, che divenne primo ministro. Pochi lo sanno, Bakhtiar era un vero galantuomo. Ma sarebbe stato l'uomo giusto un anno prima, cioè nel 1977. Insomma gli USA fecero troppo tardi e persero l'occasione.

La mia impressione è che Obama abbia giocato la stessa carta in tempo utile in Nordafrica. Certo, l'Egitto è in grave crisi economica, il partito islamico è forte. Ma le strutture dello stato sono intatte. Non c'è stato un lunghissimo braccio di ferro tra esercito e popolazione. Non c'è sangue da vendicare. Obama è in tempo perché ha evitato la strage.

In questa condizione è probabile che, se il partito islamico cercasse di "iranizzare" l'Egitto con la forza, ne uscirebbe sconfitto come in Algeria: la borghesia lo abbandonerebbe. Perciò cercherà di vincere le elezioni. Non potendo prendere il potere con sola la forza d'urto delle masse è probabile che segua le orme del "Adalet ve Kalkınma Partisi" di Erdogan, il quale per inciso sostiene da tempo i Fratelli Musulmani.

Mi piace pensare che l'Iran abbia insegnato qualcosa. Che Obama sia un Carter con più esperienza. Ma non sarebbe l'unico ad aver imparato qualcosa dalla rivoluzione iraniana. L'estabilishment iraniano attuale ha preso il potere con una rivoluzione, e sa perfettamente come funziona: se dai un dito perdi l'intero braccio. Quindi è compatto, non arretra di un passo di fronte al malcontento generale, e cerca di tenersi stretti i suoi.

Ovviamente anche l'opposizione è formata da ex rivoluzionari che sanno come funziona la lotta politica in quelle condizioni. Perciò ogni volta che si presenta l'occasione cercano di porre il regime di fronte a situazioni di "perdita-perdita", come nel caso della richiesta di autorizzazione a manifestare a favore del popolo oppresso d'Egitto e della Tunisia. Il logico diniego del ministero degli interni è finito per smascherare il ridicolo tentativo di Khamenei di mettere il proprio turbante sulla testa dei movimenti nordafricani. In più l'opposizione ha dichiarato che scenderà in piazza lo stesso. Così gli arresti domiciliari di Karoubi l'altro ieri, e la probabile militarizzazione delle città domani, per non parlare degli scontri, arresti e repressione che seguiranno, rimetteranno il regime nel posto che gli compete: insieme ai cattivi del film che stiamo vedendo in questi giorni.

La partita che si sta giocando in Iran è tra due forze politiche che cercano si sfaldare l'uno la compattezza dell'altro. Vincerà chi dei due ci riuscirà meglio.

sabato 29 gennaio 2011

Domande e risposte da Facebook

Parlando dell'Iran, un amico su Facebook mi fa alcune domande alle quali trovo più comodo rispondere qui.


Ma è vero che solo lo 0,029% degli iraniani era connesso a Twitter?


Dovrei capire come è stata calcolata la percentuale ed è proprio questo che non riesco a immaginare. Su twitter in quel periodo quasi tutti noi all'estero mettevamo come luogo di provenienza "Iran" e settavamo l'orologio sul fuso iraniano per incasinare il tracking della polizia. Ovviamente l'IP è visibile quindi ad esempio chi dal lato twitter avesse voluto controllare gli accessi avrebbe visto che un iraniano (io) postava dall'estero. 

Non credo si siano messi a fare un'indagine statistica, in Iran sarebbe impossibile. Quasi certamente hanno verificato il tabulato IP di Twitter hanno fatto una percentuale tra postatori singoli da specifici IP iraniani e la popolazione complessiva. Il punto è che se hanno fatto così gli unici che risultavano postare dall'Iran erano quelli... della polizia segreta! Solo loro non cammuffano l'IP, gli altri cercano sistemi per cammuffarlo perché attraverso l'IP risalgono a te.

Chi deve fare attività politica usa un software (tor ad esempio ma anche altri) il quale fa finta di conneterti a un server estero che il regime non riconosce come pericoloso e non filtra. Da lì poi fai perdere le tue tracce e vai sul sito che ti pare. E' solo così che dall'Iran entri su twitter, youtube, facebook, sui siti porno, ai quali non puoi accedere in modo diretto. Ovviamente l'uso del proxy rallenta il traffico ma chi se ne frega.

Ora quello che voglio dire è che quel 0.029% è stato calcolato sulla base degli indirizzi IP di chi si connetteva su twitter, gli analisti hanno preso un granchio gigantesco. Perché chi si connette con un proxy (es. via Tor) ha un IP che può essere europeo, statunitense, persino israeliano, ma certamente non iraniano. E sinceramente non riesco ad immaginare come altro abbiano potuto calcolare la percentuale. Faccio notare che questo argomento - questi numeri - sono stati usati dal regime per supportare la teoria che il movimento era un complotto occidentale.

Tuttavia va detto che il mezzo principale per la convocazione di cortei era il cellulare, l'sms in particolare.  Perciò quello che dici è vero, Twitter è stato un mezzo secondario usato principalmente nella settimana delle elezioni. Perché, il governo in vista di quello che in Iran chiamano "golpe elettorale", aveva staccato la copertura degli sms proprio nel giorno delle elezioni e in quelli seguenti mentre internet restava attivo.

Gente che misteriosamente comunica in inglese per evitare di essere compresa...

Twitter permette di estrarre i tweet sulla base della lingua usata. Teoricamente dunque è facile vedere il totale e fare due più due.

Il problema è che molti tweet arrivano dal cellulare, il quale in genere non ha font arabici. Quindi l'utente scrive in arabo o persiano traslitterati nell'alfabeto latino. A quel punto se si fa una ricerca su twitter sulla base della lingua usata nei tweet il risultato diventa inaffidabile: si perde un buon 2/3 dei messaggi in persiano e in arabo, perché non usano l'alfabeto arabico ma quello latino.

Quanto alla Tunisia tieni anche presente che praticamente l'intero paese è bilingue (arabo e francese) e quelli sopra i 10 anni di lingue ne conoscono tre (arabo, francese, italiano). Quindi non è che se parli francese non ti fai capire.

L'uso del regime dei social network, dall'analisi che ne ho letto, pare ben più sofisticato e marpione (tipo dare l'annuncio di una manifestazione antigovernativa in un certo posto e schedare o direttamente arrestare tutti quelli che si presentano):

Rispondo del solo Iran ovviamente. Non escludo che il regime abbia provato a convocare manifestazioni farlocche per arrestare o schedare gli attivisti. Ma in generale il provocatore iraniano non agiva così: cercava di far "deviare" il movimento dalla direttrice principale che aveva unito tutte le opposizioni (dimissioni di Ahmadinejad e nuove elezioni con la presenza di osservatori internazionali).

Il provocatore agiva principalmente con messaggi di tipo politico che spingevano a destra e a sinistra: un po' la tecnica di far diminuire la potenza di un fiume scavando canali e deviazioni ai due lati. Frasi come "bisogna darsi alla lotta armata" come "ma Mousavi così fa ammazzare i nostri figli" erano quasi sempre dei provocatori. Però si era imparato a riconoscerli perché tutto sommato il movimento è stato molto disciplinato, e per tutta quella fase è stato in linea con le richieste di fondo e coi leader che si era scelto.

In genere sulle pagine FB "autorevoli" questa gente veniva sgamata o comunque nessuno dava retta perché i frequentanti seguivano le indicazioni degli amministratori della pagina.

Tieni anche presente che le manifestazioni tra il giugno 2009 e il febbraio 2010 non erano convocate a capocchia: coincidevano sempre con le ricorrenze liturgiche del regime. Cioè il movimento verde si "imbucava" in massa in quelle manifestazioni che il regime non poteva impedire. Il regime era costretto a far vedere immagini di repertorio perché dalle immagini reali (molti su youtube) era chiaro che il numero degli oppositori che gridavano slogan propri era 3-4 volte il numero dei favorevoli.

Una tecnica situazionista che ha dato molti frutti: il regime cosiddetto "isalmico" è stato costretto a caricare le proprie manifestazioni, usare gas lacrimogeni contro preghiere del venerdì, uccidere gente durante l'Ashura...

Per FB i numeri erano più alti ma tutt'altro che oceanici e comunque limitati a certe fasce di reddito

Ovviamente chi usa twitter o facebook deve potersi permettere un cellulare o un pc. Tieni presente che in Iran il PC e altri strumenti tecnologici (paraboliche, lettori dvd) sono spesso usati come la TV in Italia negli anni '60: si va a casa dell'amico.

Inoltre si tratta di un paese comunque fortemente connesso fin dagli anni '90. Ma c'è stata certamente strozzatura politica dovuta al "digital devide": tra le diverse fasce di reddito da un lato, e tra Teheran e provincia dall'altro. Quindi il movimento ha cercato di superare il problema con l'organizzazione. Attivisti organizzati in comitati di non più di 3-7 persone che già si conoscevano - di cui almeno uno col PC e ciascuno in contatto con altri comitati - dovevano occuparsi di mettere in pratica delle attività: scrivere sui muri, convocare a voce le manifestazioni decise sui forum, filmare e documentare queste attività, inviarle via web a comitati esteri...

Inoltre per creare un circuito mediatico alternativo si cercava di distribuire su cd o vhs i filmati più "significativi". Un po' una replica dei discorsi di Khomeini che venivano distribuiti su musicassette.