martedì 21 settembre 2010

Band of brothers - sullo Shatt'el Arab


Sono passati trent'anni  da quel 22 settembre. Per ragioni anagrafiche sarei dovuto essere lì in mezzo, ma i miei hanno potuto salvare la vita a loro figlio mandandolo all'estero. Una fortuna che non è toccata alla maggioranza dei miei coetanei. Queste righe servono a ricordare loro.

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Il battaglione "Hanzaleh" era composto da trecento soldati molto giovani. Durante i preparativi dell'offensiva nota come "operazione Valfajr-I" (16 aprile 1983) il battaglione rimane accerchiato dalle forze irachene in un canale. Uno dopo l'atro tutti i trecento cadranno stroncati dalla sete e dal nemico.

Durante le ultime ore dell'assedio il marconista del battaglione chiama il comando chiedendo di parlare col comandante Hemmat. Il comandante prende la linea. Dall'altro capo si sente una voce debole e gracchiante: "Ahmad è morto. Anche Hossein se n'è andato. E se ne sta andando anche la radio. Tra poco arrivano gli iracheni a finirci. Ho chiamato solo per salutare".

Il comandante non reggeva al dolore di vedere i battaglioni di ragazzi inesperti finire in quel modo. Le lacrime gli bagnavano il volto. Riuscì solo a dire: "non chiudere la radio ragazzo, parlami. Dì quello che vuoi, ma non chiudere".

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Il comandante Bakeri aveva un modo tutto suo per caricare i volontari. Diceva:

"Vedete, noi possiamo morire qui, oppure possiamo sopravvivere e veder finire la guerra. Quando la guerra sarà finita, qualcuno si darà alla bella vita accumulando ricchezze e onori. Qualcun altro soffrirà vedendo traditi gli ideali per i quali ha lottato e versato sangue. Tutto sommato ci conviene morire qui...".

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