giovedì 8 luglio 2010

Bazar blues


Quando ho letto la notizia delle agitazioni del bazar di Teheran, in reazione all'intenzione del governo di aumentare le imposte dirette di un 70%, mi sono detto "belin... due sole settimane di sole di sanzioni e siamo già a questo punto...".

In Iran la perdita dell'appoggio politico del bazar ha spesso rappresentato uno degli ultimi chiodi sulla bara del regime al potere. Ho già spiegato in un post dell'anno scorso come, allo stato attuale, nel paese non sia in atto un conflitto di classe, ma un duro scontro che vede contrapposte due diverse borghesie: una  moderna, l'altra conservatrice.

Ho anche spiegato che in questo conflitto i bazarì rappresentano la borghesia conservatrice vicina al regime ma che, presi singolarmente, ciascuno di loro ambisce a mandare un figlio a studiare in Europa e non ha grosse difficoltà a dare propria figlia in marito a un giovane medico elegante colto e ben vestito. Siamo in presenza cioè di una progressiva mutazione direi "antropologica" della società iraniana: la parte moderna sta aumentando numericamente, mentre la parte conservatrice si va riducendo. Il processo peraltro conferma perfettamente le tesi di Emmanuel Todd nella sua opera intitolata "incontro di civiltà".

Torniamo al bazar. Le agitazioni di ieri e oggi hanno avuto come epicentro l'ala dei commercianti di tessuti, diffondendosi poi a macchia d'olio. Le forze antisommossa e basij hanno intimato ai commercianti di riaprire i negozi ma per risposta hanno ricevuto dei fischi e da qualche coro "morte al dittatore", così sono intervenuti direttamente col piede di porco a forzare le saracinesche... Nulla di nuovo, lo faceva anche lo shah nel 1978.

E' rimasto ucciso un noto bazarì e sono stati arrestati molti altri, tra i quali il presidente della confederazione dei commercianti tessili Motamedian che arringava la folla col megafono. Per domani è prevista una nuova agitazione di protesta contro l'attacco delle forze di polizia che, per inciso, cade il giorno prima dell'undicesimo anniversario dell'attacco dei miliziani del regime all'università di Teheran. Intendo dire che non è da escludersi un appoggio degli studenti alle agitazioni dei bazarì o quanto meno una simultaneità che metterebbe in imbarazzo operativo le forze dell'ordine. Si ha notizia di agitazioni anche nel bazar di Tabriz, capoluogo dell'Azerbaijan.

Attaccando il bazar il governo ha consumato un atto "contro natura". E' come se in Italia la polizia caricasse una manifestazione indetta dalla confcommercio e ci scappasse il morto. Lo fa solo un governo disperato che ha perso completamente contatto con la realtà. Perché quella dei bazarì è l'ultima classe sociale a muoversi contro il governo e lo fa solo in due circostanze, spesso simultamnee:

1) Quando l'operato del governo danneggia economicamente il bazar:

Ad esempio una crisi economica malissimo governata, con una politica economica che ha irrimediabilmente danneggiato l'industria (in particolare proprio nel settore tessile) aprendo a merci cinesi e comprimendo il potere d'acquisto delle famiglie.

Il tutto oggi aggravato da sanzioni affibbiate al paese per una causa - quella nucleare - i cui benefici sono lontani e incomprensibili ai più, mentre la sparizione della benzina sarà un male estremamente concreto, quotidiano e doloroso. E lasciamo stare il pericolo di una guerra.

2) Quando il governo è percepito come fattore di instabilità:

Questa condizione è ovviamente legata alla precedente: agli occhi del bazarì una cronica instabilità politica ed economica è da addebitarsi al malgoverno quasi sempre. Ma se poi alle proteste si risponde con la stessa violenza che si usa contro gli studenti, allora si consuma la rottura.

Questo spiega in che modo in Iran i regimi cadono e le rivoluzioni  vincono: i regimi cadono quando l'opposizione riesce a presentare se stesso come forza della legalità e della stabilità, mentre il governo non fa altro che manganellare, incarcerare, stuprare, uccidere in carcere.

E' la ragione per cui in Iran la rivoluzione è spesso estremamente "disciplinata". Ricordo due esempi splendidi della rivoluzione del 1979 citati da Ryszard Kapuscinski nel libro Shah-in-Shah: un corteo contro lo Shah seguito da dei ragazzini che scopavano la strada per non dare fastidio nemmeno agli spazzini; un altro corteo rumoroso che si zittiva immediatamente e spontaneamente appena passava davanti ad un ospedale.

Dall'altra parte il governo mandava i soldati a sparare sulla folla. Certo è finita com'è finita dopo, e in quel dopo è in parte dovuto alla violenza del regime prima. Ma, durante, pochi avevano dei dubbi su da che parte stesse la stabilità e da che parte l'instabilità.

***
A parziale rettifica: la persona uccisa in realtà è stata ferita gravemente dalla coltellata di un miliziano in borghese, la morte non è confermata. Si chiama, o si chiamava, Azizollah Kashani, commerciante di stoffa sessantottenne.

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