domenica 3 gennaio 2010

E' l'economia, stupido.

Dopo aver analizzato in dettaglio la struttura delle forze dell'ordine del paese, è ora opportuno vedere le stesse organizzazioni come settori produttivi di altrettanti centri di potere economico, e soprattutto analizzare il tipo di rapporto di produzione che caratterizza quei centri di potere.

In questo modo otterremo due risultati: in primo luogo usciamo dal vicolo cieco della "reductio ad Palestinam" nel quale fatalmente si finisce quando si ha a che fare con una qualunque questione politica che investa il medio oriente e rende idiota ogni tipo di discussione. In secondo luogo ne usciamo bene poiché analizzeremo la questione secondo le categorie di struttura e sovrastruttura.

Ne risulterà che il problema delle elezioni - truccate o meno che fossero (uso il condizionale per mettermi nei panni dello scettico anti-imperialista occidentale) - non è altro che il sintomo di un problema sostanziale a monte.

Perciò ancora una volta ci viene in aiuto la webzine marxista "Rahe Tudeh", con un articolo datato 23 novembre 2009 uscito in occasione della cessione della società nazionale di telecomunicazioni ad un consorzio di proprietà della Sepah (i Pasdaran insomma).

La cessione ha fatto non poco clamore anche tra i conservatori. Ricordo a tutti che l'articolo 44 della costituzione della Repubblica Islamica (vedi mio post precedente) specifica dettagliatamente quali settori debbano necessariamente essere pubblici, e tra questi settori ci sono le telecomunicazioni. Pertanto si è subito attivata una commissione parlamentare (a maggioranza dominata dai conservatori) per verificare l'intera questione.

Il lavoro della commissione ha prodotto una relazione che, pur restando lettera morta nella politica nazionale, è di estremo interesse per comprendere il tipo di ristrutturazione del capitale che è almeno una delle cause dei moti da giugno in poi, e del quale lo stesso "problema elettorale" (chiamiamolo così) non è altro che un'appendice.

Vediamo cosa dice l'articolo di Rahe Tudeh a grandi linee. Non è una traduzione letteraria, è un riassunto libero.

***

La relazione della commissione parlamentare sullo stato di esecuzione dell'articolo 44 della costituzione è un documento che prova la corruzione del governo e l'incapacità del Leader.

La ragione economica del golpe del 12 giugno è quella di favorire e completare la fagocitazione della parte pubblica dell'economia del paese da parte dei capi della Sepah. Pertanto riprendere il possesso del bene collettivo sarà, di per sé, uno dei doveri futuri più importanti del movimento popolare.

1) Perché il Majles è arrabbiato:

Sia nei discorsi del Leader, sia nelle interviste di Ahmadinejad, sia nelle relazioni parlamentari precedenti inerenti la materia, si parla spesso della "privatizzazione del settore governativo dell'economia" come un'importante conquista [NB - la relazione della commissione non parla mai di "settore pubblico" ma di "settore governativo": come dice una cara amica, l'ideologia si reifica anche nelle parole].

Con ciò si cerca di far passare la questione come una riduzione volontaria del potere economico del governo, e della consegna della ricchezza nelle mani del "popolo". Tuttavia ciò che sta accadendo nella realtà non è la privatizzazione del settore governativo, ma, al contrario, la trasformazione del settore pubblico in un "settore capitalistico di regime".

La ragione delle rivelazioni del parlamento non va letta come una volontà dei parlamentari (la maggioranza è conservatrice-tradizionalista) di difendere il bene pubblico. Piuttosto va letta nel conflitto di interessi che li vede di fronte alla Sepah la quale, in questa razzia, sta facendo la parte del leone e lascia loro la parte della iena.

2) Articolo 44, ovvero come impedire la fuga di capitali:

Va premesso che in Iran l'approccio popolare verso la questione dell'economia pubblica è storicamente molto diverso da quello che si osserva in occidente. D'altra parte è comprensibile: si tratta di un paese la cui ricchezza principale consiste nel fatto che - citando un amico - un sacco di dinosauri hanno deciso di morire tutti assieme proprio lì nel suo sottosuolo.

Il fatto cioè che le risorse del sottosuolo siano un bene collettivo inalienabile è al di là di qualunque discussione con qualunque iraniano: non troverete mai nessun iraniano disposto a cedere un solo millimetro sul fatto che il petrolio o il gas naturale sono un bene collettivo.

La cosa poi investe anche altri settori delicati: banche, telecomunicazioni, trasporto pubblico. Lo stesso settore privato poi è fortemente regolamentato per quel che concerne aspetti come l'esportazione della valuta e dei beni prodotti nel paese.

Tutto questo ha la finalità di trattenere il "plusvalore" (cioè - per chi non conosce la terminologia marxista - i profitti e le rendite di capitale) all'interno dei confini nazionali. In una parola l'obiettivo economico principale della Repubblica Islamica fin dalla sua nascita è stato quello di impedire la fuga dei capitali all'estero.

In ultima analisi la Repubblica Islamica ha tratto da questo successo la massima parte della sua legittimazione popolare, ed è ciò per cui persino un critico come me la ringrazia.

3) L'economia iraniana for dummies:

Nell'economia di tutti i paesi esistono due settori. Uno pubblico, di proprietà collettiva, la cui attività è soggetta al controllo popolare mediante gli strumenti previsti dalla legge. Esiste poi un settore privato che opera ai fini di lucro, dove non esiste un controllo diretto ma una regolamentazione di tipo fiscale, la quale in genere ha finalità di redistribuzione del reddito.

In Iran esiste una situazione particolare in quanto esiste un terzo settore che abbiamo più sopra chiamato "capitalistico di regime".

Il settore capitalistico di regime presenta alcune caratteristiche dell'economia pubblica, in quanto i soggetti economici che vi operano hanno natura istituzionale. Ad esempio il Corpo dei Pasdaran, dei Basij, o le varie "Bonyad" ad esse collegate (le Bonyad sono strutture finanziarie simili ai fondi comuni di investimento).

Ma la collettività non possiede alcuno strumento di controllo su questo settore: gli operatori non rispondono al governo, né al parlamento, né alla corte dei conti, né in generale ad alcuna istituzione pubblica.

4) La "gabola":

Forse i più sagaci cominciano a intuire dove sta il trucco. Le aziende che fanno parte del settore "capitalistico di regime" sono in assoluto le meno controllate nello scenario economico iraniano. Non sono soggette ai controlli ai quali deve sottostare un'azienda pubblica, e non sono soggette alle regolamentazioni fiscali e valutarie che gravano sulle aziende private.

In un'azienda pubblica il plusvalore prodotto è controllato e speso (redistribuito) secondo modalità decise dai governi che, quanto meno elettoralmente, rispondono alla cittadinanza. Un soggetto privato paga le tasse, e non ha diritto - in Iran - di trasformare il suo risparmio in dollari e conservarlo all'estero.

Le aziende "di regime" invece non subiscono alcun controllo fiscale o valutario. Il plusvalore prodotto da tali aziende semplicemente sparisce dalla circolazione, a beneficio dei pochi soggetti che hanno il potere di decidere cosa farne. E' come se quella risorsa del paese sia stata ceduta ad una multinazionale di un paese occupante. In altre parole siamo di fronte ad aziende che rispondono perfettamente all'idea neoliberista di impresa privata.

Non solo, ma si tratta di un'immensa impresa privata che "si fa stato". Gli apparati di repressione della Sepah, descritti dettagliatamente l'altro ieri, sono un "fattore produttivo" del brand.

I vari reparti militarizzati della Sepah, nel processo produttivo, espletano la funzione di "organizzazione del lavoro": si assicurano della "fluidità" del processo produttivo arrestando le rappresentanze sindacali, manganellando lavoratori riuniti in picchetto, e in ultima analisi facendo sì che l'impresa non debba rispondere nemmeno di ritardi di 13 mesi nel pagamento dei salari (non sparo cifre a caso).

Tenendo conto che circa un terzo dell'economia iraniana passa per le mani della Sepah, l'Iran di Ahmadinejad è ciò che sarebbe qualunque stato del mondo se finisse in mano ad una singola immensa impresa privata.

E, per usare le vecchie parole famose, "il resto è sovrastruttura".

5)Il travaso:

Ciò che accadde durante il primo mandato Ahmadinejad e prosegue tutt'ora è la graduale trasformazione del settore pubblico dell'economia nel settore "capitalistico di regime".

Con la copertura fornita dal Leader, l'appoggio sempre più ingombrante della Sepah e delle organizzazioni armate, la connivenza di un parlamento intimidito e soggiogato, l'abolizione dell'Ufficio di Pianificazione e dei comitati di controllo, e con una predisposizione mirata dei budget, l'amministrazione in carica ebbe la costante preoccupazione di eliminare qualunque possibilità di controllo pubblico anche sul settore che abbiamo precedentemente definito, appunto, "pubblico".

In questo momento l'intero settore pubblico sta per trasformarsi in "capitalistico di regime", e quest'ultimo, simultaneamente, in proprietà privata. In questo modo presto l'intero settore pubblico sarà privatizzato in favore di un'unica impresa e senza alcun cambiamento costituzionale all'articolo 44.

Va detto che il rapporto della commissione parlamentare riconosce l'esistenza di un settore "di regime" che chiama "para-statale". Guardandosi bene però dal chiarire quale sia il criterio di redistribuzione dell'utile.

C'è da chiedersi: se l'utile di queste aziende viene incamerato dai soci e dalle relative entità di management, con quale criterio sono considerati "para-statali"? Non è solo una questione di terminologia, ma di sostanza.

6)Le Telecomunicazioni, un esempio pratico:

Facendola breve, tre aziende partecipano all'asta per l'acquisto delle Telecomunicazioni. Due sono consorzi appartenenti alla Sepah e la terza è una società cooperativa elettronica con sede a Yazd.

La commissione parlamentare ammette alla gara una delle società della Sepah e la cooperativa di Yazd. Tuttavia 12 ore prima dell'asta il ministro dell'economia di Ahmadinejad, con un decreto, nega l'ammissibilità della cooperativa e riammette alla gara la seconda società della Sepah.

In questo modo la Sepah - all'asta - gareggia contro se stessa e porta a casa il bottino pagando un prezzo bassissimo.

7)Conclusioni:

Concludo traducendo.

Il parlamento nella sua relazione si lamenta del fatto che il settore in questione non è né pubblico, in modo tale da essere controllato, né privato, in modo tale da essere soggetto alla concorrenza di mercato.

La commissione in realtà si finge ignorante. Perché essa stessa sa che se costoro intendevano essere soggetti alla concorrenza del mercato, certo non si sarebbero presi il disturbo di mettere in atto un golpe.

La corrente affaristica che in una notte nega l'ammissibilità del "rilancio" all'asta di un'azienda indipendente, è la stessa corrente politica che la notte delle elezioni si inventa i conteggi col beneplacito del Leader, ed è la stessa corrente militare che si occupa della repressione il giorno dopo.

Un governo che bara nella competizione economica non barerebbe anche nella competizione politica? Il parlamento ha redatto una relazione che dimostra dettagliatamente come e quanto il governo sia affaristico e corrotto. Lo stesso parlamento in un'altra relazione dichiara che parlare di brogli elettorali è un "equivoco".

L'equivoco è il vostro. Credete che la gente sia scema.

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