giovedì 28 gennaio 2010

Lettera al suocero di un assassino

Stamane all'alba sono stati mandati a morte due giovani con l'accusa di appartenere ad un gruppo monarchico, e con l'accusa di "ribellione contro l'islam". Non erano accusati di reati di sangue.

Secondo i loro avvocati le accuse di apartenenza a gruppi eversivi sono infondate e si baserebbero su confessioni estorte. I due erano agli arresti da un anno circa. Il primo avrebbe confessato per patteggiare la pena, e il secondo perché - dice l'avvocato - avevano arrestato con lui anche la sorella in stato di gravidanza e minacciavano di torturarla ed estorcere la confessione a lei, se non avesse confessato.

Poi la situazione del paese diventa tesa e instabile. I due, che avevano confessato per evitare il peggio, finiscono nell'ingranaggio kafkiano: la pena per la quale avevano patteggiato diventa la morte, e stamattina vengono condotti nella stanza dove li attende la corda insaponata.


Si chiamavano Mohammad Reza Alizamani (37 anni) e Arash Rahmanipour (19 anni).

Traduco per l'occasione una lettera aperta del regista Mohsen Mahmalbaf all'Ayatollah Vahid Khorasani, uno dei più importanti dottori di teologia di Qom, la cui figlia ha sposato Sadegh Larijani capo del potere giudiziario della Repubblica Islamica.

***

Egregio signor Vahid Khorasani

Se Lei avesse saputo che un giorno sarebbe diventato il suocero di un assassino, avrebbe voluto lo stesso nascere a Nishabur nel 1924? Non credo.

Se avesse immaginato che Sadegh Larijani sarebbe un giorno diventato capo del potere giudiziario, che le sue mani si sarebbero sporcate del sangue di due giovani innocenti, avrebbe approvato lo stesso che sua figlia ne divenisse la sposa? No, non credo.

Signor Khorasani, oggi è a lei che bisogna fare le condoglianze, non a due madri immerse nel dolore per i loro figli. Per le persone che hanno una coscienza è più facile assistere al martirio dei propri figli, piuttosto che osservare il proprio genero diventare un assassino.

Signor Khorasani, sua figlia stanotte dormirà accanto all'assassino ufficiale del popolo dell'Iran. Non sente vergogna per questo? Se i suoi maestri - Mirza Mehdi Isfahani, Mirza Abdolhadi Shirazi e Seyyed Abolghassem Khoyi - se i suoi maestri avessero saputo che un giorno Ella sarebbe restato in silenzio davanti a un assassinio perpetrato da suo genero, crede che l'avrebbero mai fatta entrare nelle loro scuole? No, io non credo.

Lei che si vanta, nel suo sito, di non aver mai accettato visite in casa sua da nessuna carica dello stato, accetterebbe oggi di ricevere in casa Sadegh Larijani, l'assassino del popolo dell'Iran? Non voglio crederlo.

Nobile maestro Vahid Khorasani, due o tremila giovani studenti di teologia affollano le sue classi tutti i giorni facendo di lei uno dei maestri più seguiti di Qom. E lo fanno perché lei non ha mai accettato di fornire un supporto, scritto o orale, per giustificare la teoria del "Velayat-e Faqih". Se questi giovani la vedessero assistere in silenzio mentre suo genero diventa il boia del loro popolo, crede che frequenteranno ancora le sue classi? No, non credo.

Egregio signor Vahid Khorasani, il grido di dolore del popolo martoriato di questo paese sta facendo tremare non le mura del palazzo del Leader, ma il trono stesso di Dio! Crede forse che le maledizioni del popolo non avranno conseguenze sulla felicità di sua figlia?

Signor Khorasani, quando i suoi seguaci la vedranno in silenzio di fronte all'esecuzione, iniziata oggi, dei giovani verdi del paese, la seguiranno ancora?

No.
Io non credo.

martedì 26 gennaio 2010

Esagramma 49

"Alla rivoluzione si crede solo quand'è avvenuta". Questo è il commento all'esagramma 49 dell'I Ching che, prima di essere un oracolo, è uno splendido testo di epigrammi.

Un caro amico settimana scorsa mi chiedeva la ragione di una certa "viltà" riscontrata nell'atteggiamento di Khatami, diversamente da Mousavi e Karoubi i quali sembrano invece solidi come dei muri di pietra. Ho preso una settimana per pensarci, perché volevo un po' uscire dalla banalità delle differenze caratteriali.

Il rapporto tra Khatami e gli studenti 10 anni fa non va confuso con quello di Mousavi e il movimento oggi. In quegli anni la figura del Leader non era ancora squalificata, il paese era ben gestito da un governo (quello di Khatami) onesto e popolare. Il tessuto economico del paese non era stato devastato dalle privatizzazioni, dall'inflazione al 40%, dal quasi fallimento di due delle banche principali del paese, e dalla feroce concorrenza delle merci cinesi che hanno inondato il mercato interno.

Insomma la Repubblica Islamica era popolare e in salute, e la si credeva avviata sulla strada di riformarsi pacificamente e gradualmente. Il problema politico, allora, consisteva nel fatto che istituzioni come il Leader e il Consiglio dei Guardiani si misero di traverso, contro la volontà di un governo e di un parlamento che - essendo eletti a suffragio universale - erano in realtà gli unici legittimi depositari della volontà popolare.

Ma non lo fecero illegalmente: la costituzione della Repubblica Islamica prevede che quelle istituzioni possano avere l'ultima parola. Non si può pretendere, da una costituzione, che abroghi se stessa alla radice: ciò deve essere fatto con un processo chiamato "sospensione della legalità". In altre parole era necessaria l'illegalità di una rivoluzione.

Ma mettersi nell'illegalità comporta una grossa responsabilità politica. Soprattutto se sei il presidente della repubblica e lo sei in modo onesto. Khatami non poteva appoggiare quegli studenti che si erano posti al di fuori della legalità allora, perché, anche volendolo, non avrebbe avuto alcun seguito popolare. E il fatto che non lo avrebbe avuto è dimostrato dal fatto che gli stessi studenti non sono stati difesi dal popolo. In altre parole i tempi non erano maturi.

Quella stagione finì con le elezioni parlamentari del 2001 durante le quali la base riformista, per protestare contro l'esclusione di più di 3.000 candidati per opera del Consiglio dei Guardiani, disertò le urne. Il parlamento finì nella mani dei conservatori, e vi sarebbe finita anche la presidenza 4 anni dopo.

La situazione oggi è completamente differente. Oggi chi ha un atteggiamento davvero incomprensibile non è Khatami il quale, volente o nolente, insieme agli altri due soci, viene considerato dal regime e dai suoi media un traditore punto. L'atteggiamento curioso è quello di Rafsanjani.

Rafsanjani è autore di una lettera aperta, che ormai potremmo definire storica, indirizzata a Khamenei qualche giorno prima delle elezioni del 12 giugno 2009. Si lamentava dell'atteggiamento eversivo di coloro che poi furono gli autori del golpe elettorale (Ahmadinejad, il Consiglio dei Guardiani, gli alti gradi della Sepah), e previde con precisione la rivolta popolare che vi sarebbe seguita.

Non venne creduto. Ma con quella lettera, e con il famoso sermone del venerdì 17 luglio 2009, si riguadagnò parecchie simpatie popolari e recuperò non poco capitale politico.

Ora, come dice un analista di un programma satellitare, il capitale politico va speso per tempo e in modo sensato, altrimenti si svaluta. Sembra che Rafsanjani, evitando di affrontare Khamenei a viso aperto (lui può farlo, anche istituzionalmente) stia spendendo male il suo capitale.

Sembra cioè che abbia visto per primo la rivoluzione che stava arrivando, ma che stranamente abbia smesso di crederci ritenendola ancora controllabile con manovrine di palazzo.

lunedì 25 gennaio 2010

Sulla questione persiano-araba - afterword

Che vi sia un diffuso complesso di superiorità dei persiani nei confronti degli arabi è pacifico: gli iraniani non contestano a Chavez le stesse cose che contestano a Nasrallah, né usano lo stesso linguaggio.

Va anche detto che 1 milione di giovani iraniani non sono morti combattendo contro il Venezuela, sono morti combattendo contro l'aggressione di un paese arabo, l'Iraq. E questo non ha certo aiutato a migliorare l'immagine araba nel paese

Quali basi reali poi abbia questo complesso superiorità è tutt'altra faccenda, ma una cosa è certa: la borghesia iraniana (e quindi la società iraniana) ha sviluppato una maggiore coscienza di classe rispetto alla borghesia araba (che poi va distinta da paese a paese, questo è altrettanto certo). E' grazie a questa maggiore autocoscienza che "l'iraniano non è Umma, è popolo". E' per questo che il nazionalismo iraniano assume forme più occidentali - cioè più moderne - se confrontato con il nazionalismo arabo.

Quella iraniana è una borghesia connotata da forti idee liberali per le quali, in ultima analisi, l'iraniano può anche permettersi di fregarsene di ciò che accade a Gaza o a Tulkarem, se quei principi sono negati in patria. Mentre il nazionalismo arabo, quello anticoloniale dei Nasser per capirci, è fortemente in crisi trovandosi tra il martello di Israele e l'incudine di Al-Qaeda.

Ma il maggiore grado di evoluzione borghese non è un merito dei persiani, è storia. E' come ritenere meritevole il fatto che uno zio ricco è schiattato e ti ha lasciato un'eredità.

domenica 24 gennaio 2010

Abbattere i miti orrendi

Film: il Dormiglione.

Miles (Woody Allen) e Luna (Diane Keaton) sono dei rivoltosi che stanno cercando di rubare il naso di un dittatore morto in un'esplosione, per evitare che il naso venga clonato per riportarlo in vita. Luna ha una mezza cotta per il capo della rivolta. Battuta di Miles: "tra sei mesi qualcuno starà cercando di rapire il suo, di naso!".

In qualche modo deve essere interrotto il circolo vizioso di rivoluzioni che iniziano con le migliori intenzioni e che, per paura della controrivoluzione e di nemici più o meno immaginari, diventano "merda buona solo per sbirri e burocrati", per usare le parole di una cara persona.

Uno dei modi per evitare che questo debba riaccadere e diventare motivo di futuro dolore è quello di dire la verità su un argomento importante. Va fatta una premessa: non mi illudo certo che qualcuno di veramente influente legga questo blog. Ma la verità è un dovere che prescinde dalla sua efficacia. Oggi perciò sfateremo alcuni miti fondanti di quella parte dell'identità nazionale persiana che sembra esistere solo in chiave antiaraba.

Lo faremo principalmente per amor patrio. I cittadini iraniani per il 35-40% non sono etnicamente né linguisticamente persiani. E' vero quel che dicono i ragazzi, "siamo un popolo, non una Umma", ma il riemergere di un grezzo sciovinismo pan-iranista non è la risposta giusta all'integralismo sciita. 25 milioni di turchi, kurdi, baluchi e arabi con passaporto iraniano non saranno tenuti insieme in un paese dominato solo dalla mitologia di Ciro il Grande, di Artaserse, di Zoroastro, di Kaveh il fabbro e di Rostam.

Se il prezzo di un Iran libero dai mullah fosse vedere Tabriz sotto Baku o Ankara? Ahvaz annesso a Kuwait City? Zabol annesso a Kabul? Quanta gente continuerebbe a mettersi il nastrino verde al polso? Ecco, evitiamo che debba sorgere il problema. Sarebbero persino da evitare le barzellette etniche se possibile. Perché se continuiamo a fare i persiani puri e duri anziché essere prima di tutto degli iraniani, il pericolo del dismembramento etnico può essere reale.

E' per questo che oggi abbatterò i tre più famosi miti da "ultrà persiano" che mi irritano di più: quello dell'Islam come religione imposta con la forza da un invasore, quello dello sciismo iraniano come reazione nazionale antiaraba, e quello del "ta'zyeh" - autoflagellazione - come incivile usanza islamica.

1) Mito dell'imposizione

Curioso. Sono nato in un paese dove persino i gatti vanno fieri del fatto che noi siamo così civili da aver fatto diventare persiani tutti gli invasori stranieri. Eppure le stesse persone, che pronunciano questa frase con la giusta fierezza, due volte su tre dicono anche che l'Islam ci è stato imposto dall'invasore arabo!

In altre parole noi siamo riusciti a far diventare persiani i macedoni, i mongoli di Changiz e quelli di Tamerlano. Però gli arabi ci hanno fatti diventare arabi. Curiosa contraddizione. Come è contraddittorio disprezzare l'unico popolo che ci è riuscito a imporre qualcosa di suo, non vi pare?

Ma, molto più semplicemente, non si trattò di un'imposizione. La religione non si impone: alla religione ci si converte. Magari per comodità, anzi spesso per comodità. Ma un'altra parola per dire "comodità" è "collaborazione" o "convenienza". Chi è stato invaso ha avuto un'opzione: poteva fare una vita scomoda e restare un "persiano puro" e continuare ad adorare Hormuz, invece scelse la vita più comoda e divenne musulmano.

Più precisamente - vorrei evitare di essere eccessivamente populista - in Persia andò così: i contadini persiani erano talmente maltrattati e detestavano talmente tanto la nobiltà che si convertirono in massa alla religione dell'invasore, vedendola come un'occasione di riscatto. La nobiltà, poi, per non perdere del tutto terra e privilegi, si convertì pure lei. Ecco tutto.

Riferimento bibliografico necessario: "Persia Religiosa" di Alessandro Bausani, forse tra i più importanti studiosi occidentali della Persia.

2) Una nazione sunnita...

La stessa fonte, Bausani, ci viene nuovamente in aiuto.

La Persia non diventa sciita subito. Cioè non ai tempi di Alì e Husain almeno, nonostante la corrente "ultrà" persiana ami sostenere questo (e vi riesce con un certo successo ingannando non pochi studiosi imparziali).

E' un dato di fatto che persino Ferdowsi, poeta fondatore del rinascimento nazionale persiano del periodo post-sialmico, è rigorosamente sunnita. Il famosissimo poeta persiano Khayyam poi si chiama "Omar", come il secondo califfo sunnita. Nessuno sciita chiamerebbe mai il figlio "Omar". Le correnti sufi nascono tutte sunnite... Insomma in Iran dello sciismo non v'è traccia apprezzabile fino a ben oltre le due invasioni mongole, nel quattrocento.

La persia diventa sciita perché il capostipite della dinastia safavide - di origini turche - è uno scieicco sciita (Sheikh Safi ed-din che ha una moschea dedicata nella città di Ardebil).

Quando la dinastia prenderà il potere, nel sedicesimo secolo cristiano, inizierà una profonda e radicale opera di sciitizzazione del paese: le scuole sunnite saranno via via sostituite da "hawza" sciite, con imam (in genere arabi) fatti venire appositamente da fuori.

L'Iran cioè diventerà sciita non per reazione all'invasore arabo sunnita, ma per la precisa scelta politica di una dinastia regnante almeno 5 secoli dopo la scomparsa del Mahdì. Il processo della graduale conversione durerà per almeno un secolo e sarà cosa fatta alla caduta della dinastia.

La scelta dello sciismo è legata alla volontà di trasformare città come Qom e Mashhad in importanti luoghi di pellegrinaggio, ma anche e soprattutto alla volontà di ottenere l'appoggio popolare in chiave anti ottomana a Kufa, Najaf e Kerbala dove la popolazione era sciita e l'amministrazione (ottomana) sunnita.

3) "Ya Husain"? o forse "Ya Siawush"?

I persiani puri e duri disprezzano l'usanza del "ta'zieh", le manifestazioni di autoflagellazione in occasione di Ashura (salvo poi magari riscoprirne l'utilità come momento di massa in chiave anti-regime... ma lasciamo stare).

La disprezzano perché sono convinti che si tratti di un'usanza "di importazione". Balle. Il "ta'zieh" è diffuso solo nelle regioni dell'altopiano iranico e nell'Iraq: cioè in regioni storicamente abitate dagli indoeuropei persiani, medi, parti, sogdiani, arii. Mentre non se ne vede traccia nei paesi arabi.

Questo articolo di Wikipedia in persiano (che purtroppo non ho tempo di tradurre) spiega sommariamente l'origine pre-islamica dell'usanza del "ta'zieh".

L'usanza dell'autoflagellazione trae origine da analoghe manifestazioni che affondano le radici nella lunga storia preislamica dell'altopiano iranico, in particolare nella commemorazione dell'antico eroe "Siawush" elevato poi al rango di divinità. La commemorazione esiste ancora oggi in alcune remote comunità e prende il nome di "siawoshan" o "suuwashun" ("suusia" tra i kurdi).

Il "ta'zieh" cioè non è altro che il "suuwashun". E' persiano quanto il Nowruz, tanto persiano che più persiano non si può! Una festa politeista talmente importante da essere rimasta viva poi sotto il monoteismo islamico. Non è un'usanza araba-islamica come non lo è la mutilazione dei genitali femminili nell'Africa sub-sahariana.

E' ora che questo popolo smetta di incolpare altri per le cose di se stesso che non gradisce. Così magari, con un po' di fortuna, nessuno sarà più costretto a rapire il naso del dittatore tra 30 anni.

venerdì 15 gennaio 2010

Varie

Rigor Mortis:

Tutti i regimi morenti passano una fase in cui si convincono di non aver ucciso, imprigionato, torturato abbastanza. Vale il vecchio detto che si fa riferire al Mahatma: prima ti deridono, poi ti combattono, e alla fine vinci.

L'Iran passò questa fase anche nel 1978, quando il generale Azhari venne nominato primo ministro e fece un gabinetto di soli militari. Anche questo regime da dopo Ashura sta attraversando la fase del "turgore militaresco". Non esagero se dico che avranno arrestato 5-6000 persone. In pratica, con l'eccezione di Khatami, Karoubi e Mousavi (comunque segregati e pedinati a vista), chiunque abbia militato tra i riformisti.

Con ogni probabilità assisteremo a delle esecuzioni capitali, che fanno male perché saranno uccisi degli innocenti, e ancora più male perché ricordano le fucilazioni fasciste dell'aprile del '45: inutili, perché questo non è un movimento che si ferma uccidendone i capi.

La pena di morte non è come essere uccisi per strada. Hai il tempo di accorgertene. Prego Dio perché non succeda. Ma se, come credo, succederà, prego di aiutarli ad affrontare quel momento con dignità.


Don Abbondio:

Non tutti si ricorderanno, ma il candidato riformista all'inizio era Khatami. Si è ritirato e fatto candidare Mousavi, avendo probabilmente avuto una "soffiata" su ciò che stava per succedere. Come dice Don Abbondio, se uno non ha coraggio non è che se lo può dare...

Mousavi ha fatto una grande cosa: durante la sua campagna ha insegnato al movimento il principio di "ogni cittadino un leader, ogni militante un reporter". Nota mentale: ringraziare Dio due volte al giorno per la rinuncia di Khatami a favore di Mousavi!


Fantastiliardi:

La dimensione del buco nel sistema bancario iraniano: 40 miliardi di dollari. Quello di Dubai, 60 miliardi, per dare l'idea. Il sistema bancario in Iran è pubblico (vd. articolo), ed è stato costretto dal governo a prestare soldi senza garanzie agli amici degli amici. Somme che gli amici degli amici non restituiranno mai: vi ricorderete del camion iraniano con a bordo oro e contanti per 18.5 miliardi di dollari sequestrato in Turchia...

E così le banche sono in forte sofferenza e fioccano scioperi per stipendi non pagati. Il terrore del regime è lo sciopero dei petroliferi, e fa di tutto per pagare almeno loro, ma ogni giorno che passa si apre un buco da qualche altra parte.

Durante l'amministrazione Khatami, col petrolio a 9 dollari l'ex presidente faceva andare avanti il paese con l'equivalente di quanto "sparisce" dalle casse dello stato ogni anno sotto questa amministrazione. Sparisce nel vero senso della parola: la Corte dei Conti iraniana chiede conto delle poste mancanti, e il governo dice che non ne sa nulla, o suggerisce alla corte di rifare i conti.


"All'Italiana":

Dopo l'attentato in cui fu ucciso il nipote di Mousavi, c'è stato un altro attentato martedì in cui ha perso la vita un noto professore di fisica dell'università di Teheran. Il regime ha cercato di accusare dell'omicidio il "complotto sionista", raccontando che il professore era nel nucleare e a rischio per questo suo ruolo delicato in un settore di ricerca strategico.

Questa circostanza, però, è negata dalla moglie e dai figli del defunto. Papà non ha mai lavorato nel nucleare.

Poi è arrivata una rivendicazione di un non meglio noto "fronte monarchico". Curiosamente il loro sito - sul quale è apparsa la rivendicazione - per alcuni giorni era l'unico non filtrato dai servizi di sicurezza del paese! Sembra la famosa "falange armata" che rivendicava tutte le bombe dei servizi segreti italiani negli anni di piombo...

Ai funerali c'erano moltissimi "verdi", ma la bara e le esequie sono state sequestrate dai figuranti del regime, che hanno praticamente sottratto la cerimonia ai famigliari. L'Agenzia di stato ha anche pubblicato una lettera in cui i famigliari accusavano potenze estere di essere i mandanti dell'omicidio e anche della crisi politica del paese. I famigliari hanno smentito la paternità della lettera.


La piovra si mangia i tentacoli:

Il parlamento iraniano, lo stesso parlamento la cui maggioranza assoluta, faccio presente, è comandato a bacchetta da Khamenei, ha riconosciuto l'ex procuratore di Tereran Mortazavi responsabile degli stupri del carcere di Kahrizak.

Mortazavi è un grandissimo figlio di puttana, psicopatico e assassino. Ma il fronte golpista è pieno di gente come lui. La sua sorte, il fatto che è stato scaricato perché il "capo" potesse salvare la faccia, dà un durissimo colpo alla coesione del regime: nessuno è al sicuro, nessuno si sente sicuro.

Alla prossima.

martedì 5 gennaio 2010

Nell'attesa dell'11 febbraio

Quando il regime si militarizza una regola è quella di non farlo governare, seguendo metodi lotta meno costosi in termini repressivi. Se ciò riesce si allarga la base di consenso del movimento, e il fronte avverso si radicalizza e perciò si divide.

Lo dissi a luglio, e i fatti mi diedero ragione. Allora, sbirciando qua e là, mi capitava di notare commenti che al contrario parlavano di una situazione sulla via della stabilizzazione. Questi commenti erano dettati in parte da una profondissima ignoranza della realtà del paese, e in parte dal malcelato desiderio. E comunque erano generalmente superficiali quando non apertamente stupidi.

Gli autori degli stessi commenti il giorno dei funerali di Montazeri e il giorno dell'insurrezione di Ashura saranno cascati dal pero. Che disdetta... in Iran accadevano ancora delle cose. Grosse cose impreviste (da loro). Cose dotate dell'impietosa concretezza che solo la realtà possiede, quando prende a martellate le vane fantasie.

Ma i fatti di fine dicembre non hanno sorpreso chi ha seguito l'evoluzione del movimento e delle sue iniziative: alla crescita organizzativa del movimento, al suo dotarsi di una struttura esecutiva di tipo "post-disciplinare" senza punti di riferimento, adatta a sfruttare al massimo gli strumenti di comunicazione del 21esimo secolo, il regime era in grado di opporre solo la repressione e la propaganda centralizzata. Come se fossimo ancora ai tempi del tumulto dei Ciompi.

E ora ripeto la stessa cosa: quando lottare per la strada costa troppo si seguono altre vie per rendere il paese ingestibile per il governo. Il fine di questo articolo è quello di fare alcuni esempi.

1) Università:

Nei giorni scorsi il dormitorio dell'università di Mashhad era stato attaccato da "quelli in borghese", ci sarebbero stati anche dei morti, un paio dicono. Gli studenti delle università del paese hanno cercato modi concreti per mostrare la loro solidarietà. L'iniziativa sulla quale si è trovato il consenso più ampio è stata quella di boicottare le sessioni d'esame invernali. Così nella sola Amir Kabir settimana scorsa sono stati annullati 40 sessioni di esame per mancanza di esaminandi.

I servizi di sicurezza delle università (di nomina ministeriale) hanno perso l'autocontrollo e cominciato a convocare - "a muzzo" - gruppi di studenti che non si erano presentati alle sessioni d'esame, intimandogli di autodenunciarsi al servizio investigativo della polizia per approfondire possibili loro collegamenti con l'attività sovversiva.

Ora, chiunque si rende conto che in questo modo servizi di sicurezza cadono nel ridicolo, perché non è compito loro occuparsi delle presenze agli esami, e poi uno non è sovversivo perché salta un esame. Così gli studenti convocati disobbediscono e non si vanno ad autodenunciare.

Interviene quindi il ministero dell'istruzione, e a questo punto il governo ha la schiuma alla bocca: d'autorità il ministro fa mettere "zero" sul libretto agli studenti assenti, in corrispondenza dell'esame saltato. Ma, dato che valutare il grado di preparazione scientifica degli studenti è compito esclusivo dei docenti e non del ministero, ora anche i docenti protestano e entrano in agitazione a fianco degli studenti!

2) Biscardi:

Ve la racconto così come l'ho saputa io, e siamo davvero nel regno del situazionismo più puro.

C'è una trasmissione calcistica molto popolare il martedì sera che inizia intorno alle 22:30 e va avanti fin oltre l'una. Ieri sera fanno una specie di sondaggio: perché la nazionale non è più quella di prima? e chiedono di votare tre possibili risposte via SMS.

Con pochissimo tempo per pianificare, i ragazzi, senza conoscere la domanda della serata, si erano accordati per votare tutti in massa la terza risposta (che poi s'è rivelata essere la più assurda, aggiungendo un effetto comico). In uno degli ultimi aggiornamenti la terza risposta aveva più di 1.4 milioni di voti e il numero degli SMS ricevuti aveva polverizzato qualunque precedente record della trasmissione. Dico in uno degli ultimi aggiornamenti perché la trasmissione è stata interrotta in anticipo, ma il messaggio è arrivato.

Ma non è finita. Alcuni blog birichini oggi hanno pubblicato un testo finto, fatto riferire a un "sito vicino al governo", in cui l'autore si lamenta di estesi brogli durante le operazioni di spoglio degli SMS, che da alcune circoscrizioni erano arrivati più SMS delle SIM card esistenti, che il minimo che il popolo ora accetta è che la scelta numero 1 venga dichiarata vincitrice dalla TV nazionale...

Insomma siamo di fronte a della grandissima autoironia nel pieno di una situazione tragica. Stamattina non riuscivo a smettere di ridere.

3) E' moneta ciò che viene usato negli scambi:

Ho già parlato in precedenza dell'iniziativa, avviata intorno a luglio, di usare le banconote come "medium" per diffondere gli slogan, simboli e le parole d'ordine del movimento tra la popolazione.

Ci sono sviluppi. Il numero delle banconote recanti simboli e slogan del movimento è ormai immenso. Sicché la banca centrale ha deciso di ritirarle dalla circolazione, data ultima dopodomani.

Leggo ora alcuni punti di un comunicato che viene distribuito in queste ore: da dopodomani i simpatizzanti del movimento riinizieranno a scrivere in verde sulle banconote. La loro intenzione è quella di scambiare comunque le banconote dichiarate non valide dalla Banca Centrale, e in prospettiva di non accettare le banconote che non abbiano sopra delle scritte in verde (quest'ultimo passo forse è un po' più complicato da far rispettare a tutti, ma è carino).

Ora, da chi ha studiato economia per qualche annetto: se l'iniziativa riesce anche solo in parte, si formeranno due circuiti monetari paralleli. Tutto ciò che avrà a che fare con gli enti pubblici userà e riceverà banconote "pulite", mentre tra i privati si scambieranno le banconote "segnate".

La moneta segnata, cioè, lungi dallo sparire, continuerà a circolare. Ma il governo non la potrà utilizzare, e dunque emetterà moneta nuova. Come risultato aumenterà la massa di circolante, con un probabile effetto inflattivo (che sarà "colpa del governo"). Vedremo.

***

Cominciamo a farci un idea di ciò che significa "organizzazione " e "propaganda" nella prassi di lotta adottata dal movimento: spingere il governo su posizioni di illegalità o anche solo di scelte scomposte quando non disperate, ed allargare per questa via la base di consenso. Una cosa che va avanti da mesi, anche se sul telegiornale non lo vedete.

Epigrafe (perché nulla resta impunito)

Ehi, ma non era tutto finito sei mei fa?

domenica 3 gennaio 2010

E' l'economia, stupido.

Dopo aver analizzato in dettaglio la struttura delle forze dell'ordine del paese, è ora opportuno vedere le stesse organizzazioni come settori produttivi di altrettanti centri di potere economico, e soprattutto analizzare il tipo di rapporto di produzione che caratterizza quei centri di potere.

In questo modo otterremo due risultati: in primo luogo usciamo dal vicolo cieco della "reductio ad Palestinam" nel quale fatalmente si finisce quando si ha a che fare con una qualunque questione politica che investa il medio oriente e rende idiota ogni tipo di discussione. In secondo luogo ne usciamo bene poiché analizzeremo la questione secondo le categorie di struttura e sovrastruttura.

Ne risulterà che il problema delle elezioni - truccate o meno che fossero (uso il condizionale per mettermi nei panni dello scettico anti-imperialista occidentale) - non è altro che il sintomo di un problema sostanziale a monte.

Perciò ancora una volta ci viene in aiuto la webzine marxista "Rahe Tudeh", con un articolo datato 23 novembre 2009 uscito in occasione della cessione della società nazionale di telecomunicazioni ad un consorzio di proprietà della Sepah (i Pasdaran insomma).

La cessione ha fatto non poco clamore anche tra i conservatori. Ricordo a tutti che l'articolo 44 della costituzione della Repubblica Islamica (vedi mio post precedente) specifica dettagliatamente quali settori debbano necessariamente essere pubblici, e tra questi settori ci sono le telecomunicazioni. Pertanto si è subito attivata una commissione parlamentare (a maggioranza dominata dai conservatori) per verificare l'intera questione.

Il lavoro della commissione ha prodotto una relazione che, pur restando lettera morta nella politica nazionale, è di estremo interesse per comprendere il tipo di ristrutturazione del capitale che è almeno una delle cause dei moti da giugno in poi, e del quale lo stesso "problema elettorale" (chiamiamolo così) non è altro che un'appendice.

Vediamo cosa dice l'articolo di Rahe Tudeh a grandi linee. Non è una traduzione letteraria, è un riassunto libero.

***

La relazione della commissione parlamentare sullo stato di esecuzione dell'articolo 44 della costituzione è un documento che prova la corruzione del governo e l'incapacità del Leader.

La ragione economica del golpe del 12 giugno è quella di favorire e completare la fagocitazione della parte pubblica dell'economia del paese da parte dei capi della Sepah. Pertanto riprendere il possesso del bene collettivo sarà, di per sé, uno dei doveri futuri più importanti del movimento popolare.

1) Perché il Majles è arrabbiato:

Sia nei discorsi del Leader, sia nelle interviste di Ahmadinejad, sia nelle relazioni parlamentari precedenti inerenti la materia, si parla spesso della "privatizzazione del settore governativo dell'economia" come un'importante conquista [NB - la relazione della commissione non parla mai di "settore pubblico" ma di "settore governativo": come dice una cara amica, l'ideologia si reifica anche nelle parole].

Con ciò si cerca di far passare la questione come una riduzione volontaria del potere economico del governo, e della consegna della ricchezza nelle mani del "popolo". Tuttavia ciò che sta accadendo nella realtà non è la privatizzazione del settore governativo, ma, al contrario, la trasformazione del settore pubblico in un "settore capitalistico di regime".

La ragione delle rivelazioni del parlamento non va letta come una volontà dei parlamentari (la maggioranza è conservatrice-tradizionalista) di difendere il bene pubblico. Piuttosto va letta nel conflitto di interessi che li vede di fronte alla Sepah la quale, in questa razzia, sta facendo la parte del leone e lascia loro la parte della iena.

2) Articolo 44, ovvero come impedire la fuga di capitali:

Va premesso che in Iran l'approccio popolare verso la questione dell'economia pubblica è storicamente molto diverso da quello che si osserva in occidente. D'altra parte è comprensibile: si tratta di un paese la cui ricchezza principale consiste nel fatto che - citando un amico - un sacco di dinosauri hanno deciso di morire tutti assieme proprio lì nel suo sottosuolo.

Il fatto cioè che le risorse del sottosuolo siano un bene collettivo inalienabile è al di là di qualunque discussione con qualunque iraniano: non troverete mai nessun iraniano disposto a cedere un solo millimetro sul fatto che il petrolio o il gas naturale sono un bene collettivo.

La cosa poi investe anche altri settori delicati: banche, telecomunicazioni, trasporto pubblico. Lo stesso settore privato poi è fortemente regolamentato per quel che concerne aspetti come l'esportazione della valuta e dei beni prodotti nel paese.

Tutto questo ha la finalità di trattenere il "plusvalore" (cioè - per chi non conosce la terminologia marxista - i profitti e le rendite di capitale) all'interno dei confini nazionali. In una parola l'obiettivo economico principale della Repubblica Islamica fin dalla sua nascita è stato quello di impedire la fuga dei capitali all'estero.

In ultima analisi la Repubblica Islamica ha tratto da questo successo la massima parte della sua legittimazione popolare, ed è ciò per cui persino un critico come me la ringrazia.

3) L'economia iraniana for dummies:

Nell'economia di tutti i paesi esistono due settori. Uno pubblico, di proprietà collettiva, la cui attività è soggetta al controllo popolare mediante gli strumenti previsti dalla legge. Esiste poi un settore privato che opera ai fini di lucro, dove non esiste un controllo diretto ma una regolamentazione di tipo fiscale, la quale in genere ha finalità di redistribuzione del reddito.

In Iran esiste una situazione particolare in quanto esiste un terzo settore che abbiamo più sopra chiamato "capitalistico di regime".

Il settore capitalistico di regime presenta alcune caratteristiche dell'economia pubblica, in quanto i soggetti economici che vi operano hanno natura istituzionale. Ad esempio il Corpo dei Pasdaran, dei Basij, o le varie "Bonyad" ad esse collegate (le Bonyad sono strutture finanziarie simili ai fondi comuni di investimento).

Ma la collettività non possiede alcuno strumento di controllo su questo settore: gli operatori non rispondono al governo, né al parlamento, né alla corte dei conti, né in generale ad alcuna istituzione pubblica.

4) La "gabola":

Forse i più sagaci cominciano a intuire dove sta il trucco. Le aziende che fanno parte del settore "capitalistico di regime" sono in assoluto le meno controllate nello scenario economico iraniano. Non sono soggette ai controlli ai quali deve sottostare un'azienda pubblica, e non sono soggette alle regolamentazioni fiscali e valutarie che gravano sulle aziende private.

In un'azienda pubblica il plusvalore prodotto è controllato e speso (redistribuito) secondo modalità decise dai governi che, quanto meno elettoralmente, rispondono alla cittadinanza. Un soggetto privato paga le tasse, e non ha diritto - in Iran - di trasformare il suo risparmio in dollari e conservarlo all'estero.

Le aziende "di regime" invece non subiscono alcun controllo fiscale o valutario. Il plusvalore prodotto da tali aziende semplicemente sparisce dalla circolazione, a beneficio dei pochi soggetti che hanno il potere di decidere cosa farne. E' come se quella risorsa del paese sia stata ceduta ad una multinazionale di un paese occupante. In altre parole siamo di fronte ad aziende che rispondono perfettamente all'idea neoliberista di impresa privata.

Non solo, ma si tratta di un'immensa impresa privata che "si fa stato". Gli apparati di repressione della Sepah, descritti dettagliatamente l'altro ieri, sono un "fattore produttivo" del brand.

I vari reparti militarizzati della Sepah, nel processo produttivo, espletano la funzione di "organizzazione del lavoro": si assicurano della "fluidità" del processo produttivo arrestando le rappresentanze sindacali, manganellando lavoratori riuniti in picchetto, e in ultima analisi facendo sì che l'impresa non debba rispondere nemmeno di ritardi di 13 mesi nel pagamento dei salari (non sparo cifre a caso).

Tenendo conto che circa un terzo dell'economia iraniana passa per le mani della Sepah, l'Iran di Ahmadinejad è ciò che sarebbe qualunque stato del mondo se finisse in mano ad una singola immensa impresa privata.

E, per usare le vecchie parole famose, "il resto è sovrastruttura".

5)Il travaso:

Ciò che accadde durante il primo mandato Ahmadinejad e prosegue tutt'ora è la graduale trasformazione del settore pubblico dell'economia nel settore "capitalistico di regime".

Con la copertura fornita dal Leader, l'appoggio sempre più ingombrante della Sepah e delle organizzazioni armate, la connivenza di un parlamento intimidito e soggiogato, l'abolizione dell'Ufficio di Pianificazione e dei comitati di controllo, e con una predisposizione mirata dei budget, l'amministrazione in carica ebbe la costante preoccupazione di eliminare qualunque possibilità di controllo pubblico anche sul settore che abbiamo precedentemente definito, appunto, "pubblico".

In questo momento l'intero settore pubblico sta per trasformarsi in "capitalistico di regime", e quest'ultimo, simultaneamente, in proprietà privata. In questo modo presto l'intero settore pubblico sarà privatizzato in favore di un'unica impresa e senza alcun cambiamento costituzionale all'articolo 44.

Va detto che il rapporto della commissione parlamentare riconosce l'esistenza di un settore "di regime" che chiama "para-statale". Guardandosi bene però dal chiarire quale sia il criterio di redistribuzione dell'utile.

C'è da chiedersi: se l'utile di queste aziende viene incamerato dai soci e dalle relative entità di management, con quale criterio sono considerati "para-statali"? Non è solo una questione di terminologia, ma di sostanza.

6)Le Telecomunicazioni, un esempio pratico:

Facendola breve, tre aziende partecipano all'asta per l'acquisto delle Telecomunicazioni. Due sono consorzi appartenenti alla Sepah e la terza è una società cooperativa elettronica con sede a Yazd.

La commissione parlamentare ammette alla gara una delle società della Sepah e la cooperativa di Yazd. Tuttavia 12 ore prima dell'asta il ministro dell'economia di Ahmadinejad, con un decreto, nega l'ammissibilità della cooperativa e riammette alla gara la seconda società della Sepah.

In questo modo la Sepah - all'asta - gareggia contro se stessa e porta a casa il bottino pagando un prezzo bassissimo.

7)Conclusioni:

Concludo traducendo.

Il parlamento nella sua relazione si lamenta del fatto che il settore in questione non è né pubblico, in modo tale da essere controllato, né privato, in modo tale da essere soggetto alla concorrenza di mercato.

La commissione in realtà si finge ignorante. Perché essa stessa sa che se costoro intendevano essere soggetti alla concorrenza del mercato, certo non si sarebbero presi il disturbo di mettere in atto un golpe.

La corrente affaristica che in una notte nega l'ammissibilità del "rilancio" all'asta di un'azienda indipendente, è la stessa corrente politica che la notte delle elezioni si inventa i conteggi col beneplacito del Leader, ed è la stessa corrente militare che si occupa della repressione il giorno dopo.

Un governo che bara nella competizione economica non barerebbe anche nella competizione politica? Il parlamento ha redatto una relazione che dimostra dettagliatamente come e quanto il governo sia affaristico e corrotto. Lo stesso parlamento in un'altra relazione dichiara che parlare di brogli elettorali è un "equivoco".

L'equivoco è il vostro. Credete che la gente sia scema.

"Dopo? sarà peggio o meglio"?

Traduco questo scritto di Mohammad Shojai per quelli tra i miei amici e parenti preoccupati per ciò che succederà "dopo".


La gente del 1979 e la gente del 2009

Febbraio 1979

Nel febbraio 1979 vivevo a Tabriz, ero studente. Il 12 febbraio la gente si era riversata per le strade, dava fuoco ai cinema che non erano ancora stati dati alle fiamme, e assediava quelle caserme della polizia che ancora non credevano alla resa del regime a Teheran e resistevano. A quei tempi non avevamo cellulari, internet e youtube. Non c'era la possibilità di dare eco mondiale immediata alle scene drammatiche della rivoluzione.

Centro città. In piazza Shahnaz, oggi piazza Shariati, c'era una gran folla arrabbiata che urlava slogan in persiano e in turco. Tutt'a un tratto in un angolo della strada si notò una certa agitazione, ma c'era tantissima gente e non si capiva cosa stesse succedendo. Alla fine di bocca in bocca s'è capito che avevano acciuffato un agente della SAVAK.

Si sentiva qualche voce gridare "utur! utur!" ["lascialo andare!" in turco - Tabriz è turcofona ndt]. Dopo alcuni minuti s'è visto un giovanotto salire su un albero, era inverno e gli alberi erano spogli. Qualcuno dal basso gli ha tirato una corda, e il giovanotto fece passare la corda tra i due rami più robusti dell'albero. Poco s'è visto un corpo issato sull'albero per i piedi, completamente nudo e le braccia a penzoloni.

Il corpo era livido, e sul volto non si notavano segni di vita. Si sentiva gente gridate "gli sta bene, è della SAVAK, quel maledetto"! Qualcun altro, nauseato, si allontanò dalla scena. Ma la faccenda andò oltre. A un certo punto qualcuno gli infilò un bastone tra le natiche, e dalla folla iniziarono ad arrivare pietre che colpivano il cadavere.

Ricordo di non aver visto neppure una donna tra la folla. Fui particolarmente disturbato da questa scena e, ancora adesso a 30 anni di distanza, la porto stampata nella mente. Più tardi venni a sapere che il corpo era stato tirato giù, legato a un'autovettura, trascinato per le strade e fatto a pezzi. Il giorno dopo sul quotidiano "Mahde Azadi" di Tabriz campeggiava in prima pagina la foto del corpo appeso, con la didascalia "esecuzione rivoluzionaria".

Dicembre 2009

Non sono stato testimone oculare di questa seconda scena. In una delle foto e video caricati su internet si vede un agente della repressione circondato dalla folla arrabbiata. Rischia di essere linciato.

Ma si vede un numero maggiore di persone che si frappongono tra quelli più arrabbiati e l'agente. E si sente altissimo il coro "lascialo stare! lascialo stare!". Così l'agente si salva. In questa scena la voce delle donne è preponderante, e ci sono diverse scene del genere salvate su youtube.

Nel febbraio del 1979 le voci che dicevano "lascialo stare" erano pochissime, ed erano sommerse dal coro "uccidetelo!". Nel dicembre del 2009 le voci delle donne e quelle che chiedono "lascialo stare" sono le più forti. C'è di che essere ottimisti.



sabato 2 gennaio 2010

Struttura militare e ordine pubblico in Iran

Come promesso, cercherò di dare un quadro generale delle forze armate e di polizia in Iran. Non sono importanti tanto i numeri (se non in senso relativo) quanto il grado di politicizzazione.

Premessa

All'alba della caduta del regime monarchico il paese doveva affrontare una situazione disperata per quel che riguarda le forze armate.

L'esercito era inaffidabile, diciamo da colonnello in su. Lo Shah aveva fatto un uso estensivo dell'esercito nelle operazioni di repressione, così molti generali si erano macchiati di crimini orrendi e di lì a poco sarebbero stati fucilati, oppure ormai vivevano all'estero. In altre parole le forze armate erano state decapitate.

In più due gravissimi pericoli minacciavano il paese: l'invasione del la regione del Khuzistan da parte dell'Irak, e l'insurrezione armata dei Mujahedin del Popolo (MKO) i quali lanciarono una catena di attentati in tutto il paese uccidendo molti politici di primo piano.

Era naturale quindi, per la neonata Repubblica Islamica, pensare ad una sorta di esercito popolare politicamente affidabile. La prima organizzazione creata in tal senso fu quella dei Pasdaran. Ma vediamo in dettaglio.

L'esercito regolare

Composto dalle forze di aria, terra, mare e difesa aerea (quest'ultima è separata dalle forze aeree). E' di leva con ferma obbligatoria di due anni e ha il compito di difendere la sovranità nazionale.

L'organizzazione logistica e il finanziamento fanno capo al ministero della difesa. In tutto conta circa 800.000 uomini.

A partire dal 1979 l'esercito non è mai stato utilizzato con compiti di ordine pubblico. Tant'è che nel 1990 l'unico reparto con compiti di polizia (la Gendarmeria) è stato incoporato nelle forze di terra.

Polizia

Fa capo al ministero degli interni e al ministero di giustizia. Di recente si è dotato anche di un corpo femminile. Il numero degli agenti distaccati in reparti antisommossa sembra essere decisamente ipertrofico rispetto al numero generale degli agenti, il che indica un timore radicato nei confronti della possibilità di sommosse.

In generale le sommosse prevedono tre livelli di allarme. Livello bianco: ciascuno dei reparti (polizia, Basij, Sepah) fa ciò che è di sua competenza ordinaria. Livello giallo: i Basij affiancano la polizia, la Sepah è in allerta. Livello rosso: la Sepah espleta direttamente funzioni di polizia antisommossa.

Ettela'at

Il servizio segreto. Fino all'agosto 2009 il comando era nominato e controllato dal Ministero degli Interni (e di conseguenza dal Parlamento). A quel punto, a causa di differenze di vedute sulla natura del movimento verde, la Ettela'at è stata decapitata e profondamente riorganizzata.

Il problema consisteva nel fatto che la Ettela'at - ai tempi guidata da Mohsen Ejei - non aveva elementi per collegare le manifestazioni di massa pro-Mousavi a eminenze grigie estere, anzi, le considerava frutto di un'azione spontanea e da affrontare come tale.

D'altra parte il regime aveva necessità di avere il supporto del servizio segreto nella sua politica volta a collegare il movimento con le potenze estere. Insomma lo stesso tipo di situazione che vide Bush e la CIA ai ferri corti diverse volte sulla questione Irak ("il servizio segreto deve trovare la giustificazione oggettiva dell'azione politica dell'amministrazione" - Rumsfeld).

Oggi, dopo la riorganizzazione, la Sepah (vedi sotto) è stata dotata di un proprio servizio segreto che è praticamente fuori da qualunque controllo istituzionale.

Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica

Ovvero in persiano "Sepahe Pasdarane Enghelabe Eslami" (سپاه پاسداران انقلاب اسلامی), spesso chiamata semplicemente "Sepah", oppure negli articoli in inglese IRGC (Islamic Revolution Guards Corp).

Il corpo è previsto dalla costituzione della Repubblica Islamica come forza militare parallela all'esercito. Conterebbe 120.000 uomini con propri reparti d'aria e di terra. Ha compiti di difesa territoriale ma, e recentemente direi soprattutto, di ordine pubblico.

Nella difesa estera affianca l'esercito (nel ruolo di reparto con compiti di guerra asimmetrica) e nel mantenimento dell'ordine pubblico affianca la polizia (prendendone direttamene il comando quando necessario).

Ha avuto un peso fondamentale nell'addestramento dei reparti militari dello Hezbollah libanese e, recentemente, ha eseguito operazioni in Irak (anche se con un profilo basso).

Non è azzardato identificare la Sepah con la stessa Repubblica Islamica, come sarà dimostrato nel prossimo articolo dove ne analizzeremo il ruolo economico.

Basij

Il termine (بسیج) in persiano significa "mobilitazione volontaria". La prima campagna fu lanciata dall'Ayatollah Khomeini. In tutte le città del paese, nelle moschee, si raccoglievano aspiranti volontari per il fronte. I volontari Basij ebbero un ruolo fondamentale nella resistenza di Khorramshahr, che ha notevolmente rallentato l'avanzata delle forze corazzate irachene.

I Basij sono organizzati in uffici presenti presso quasi tutte le moschee del paese. Inoltre ogni ufficio pubblico, fabbrica, scuola o università ha in teoria i suoi Basij.

Con la fine della guerra il corpo dei Basij si è piano piano trasformato in polizia antisommossa e soprattutto in una sorta di "buon costume". Per la popolarità dei Basij si trattò di un vero e proprio anti-climax, perché un conto è sacrificarsi per la patria davanti ai cannoni di Saddam, altro conto è far salire sul van una ragazzina col velo fuori posto a calci (uso le parole del figlio Hemmat, uno dei martiri Basij più amati del paese).

Questo cambio di "ragione sociale" ha avuto come effetto un calo notevole di iscrizioni, tant'è vero che da qualche mese la milizia è stata accorpata direttamente sotto la supervisione della Sepah.

Ma l'essere accorpati in un reparto militare ha anche fatto cadere qualunque residua parvenza volontaristica e popolare dei Basij. Pertanto, ora, in tutte le università e molte moschee si chiede la chiusura dei loro uffici, poiché non v'è ragione che una forza militare abbia un ufficio in un luogo di culto o di istruzione.

Tra le stime realistiche, le più ottimiste davano ai Basij una forza di circa 400.000 tra elementi attivi e riservisti. Sono divisi in battaglioni femminili ("Zahra") e maschili ("Ashura"). Ma è probabile che il numero sia calato a causa degli eventi recenti.

Nota di costume: le donne Basij sono chiamate col nomignolo popolare spregiativo di "Fatì commando", dove "Fatì" è diminutivo Fatemeh. Suona un po' come suonerebbe in italiano "Concettina-commando".

Ansar

Nome completo: Ansare Hezbollah (انصار حزب الله) che letteralmente significa "aiutanti del Partito di Dio".

Gruppo paramilitare fortemente ideologico e conservatore. Sono nati a metà anni novanta sotto la presidenza Khatami con il finanziamento diretto di Khamenei. La ragione di fondo fu la riottosità dell'amministrazione Khatami nel dare ordine di repressione contro i movimenti studenteschi di allora.

Attraverso il comando diretto (e non ministeriale) su questi reparti, e attraverso il potere di nomina della "catena di comando" della Sepah e dei Basij, il Leader dimostrava di possedere il vero potere nel paese chiunque fosse il presidente. Su questo Massimo D'Alema, in occasione di un incontro con Khatami, disse una delle poche frasi intelligenti della sua vita: "quando il capo del governo di un paese parla come se fosse il capo dell'opposizione, allora c'è qualcosa che non quadra nel paese".

Gli Ansar sono responsabili di attacchi diretti contro i dormitori degli studenti alle università e di almeno un caso di omicidio.

Heydarian

Formazione di recentissima istituzione di cui so pochissimo. So solo che sono agli ordini diretti del Leader e sono la sua guardia personale. Probabilmente formata da elementi scelti da altre formazioni.

"Quelli in borghese"

Chiamati in inglese "plainclothes", in persiano "lebas shakhsi" (لباس شخصی). Più che di un gruppo paramilitare si tratta di una modalità operativa dei membri inquadrati nei reparti sopra descritti.

In breve, un Pasdar o un Basij possono attaccare una manifestazione a colpi di spranga, coltello o sciabola, ma farlo senza portare un'uniforme. In tal modo non sono riconosciuti come appartenenti alle forze dell'ordine e tuttavia agire sotto la protezione dei colleghi in uniforme. In italiano il termine "provocatori" rende abbastanza l'idea, ma con una vena omicida in più.

Altre volte sono gruppi organizzati di Ansar, e altre volte ancora semplici delinquenti pagati dal regime. Questa è la recente politica di Naghdi, capo dei Basij e del già menzionato servizio segreto della Sepah, per far fronte al calo di sottoscrizioni.

Ci sono foto di elementi del Hezbollah libanese - in addestramento in Iran - in mezzo ai "plainclothes" che agiscono come forze di repressione. Queste foto si dice abbiano fatto una certa impressione in Libano e messo in difficoltà il partito, facendo incazzare non poco Nasrallah con Ahmadinejad.

Nel prossimo post, il ruolo economico della Sepah nel paese.