lunedì 29 giugno 2009

Tourjan...

... è una località del Kurdistan. In quella località, durante il conflitto con l'Iraq, cadeva un milite di 24 anni in servizio nella brigata dei Pasdaran di Saqqez. Il figlio di quel ragazzo, nato nel 1981, è uno studente di teologia di Qom ed è un blogger. Il suo blog si chiama, appunto, Tourjan.

Traduco alcuni brani dal suo ultimo post intitolato "Il destino dell'Iran nelle mani di Qom e Teheran".

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[...] Gli eventi senza precedenti delle ultime due settimane rappresentano certamente un momento cruciale della storia contemporanea di questo paese.

La città di Qom è rimasta al riparo dalle recenti convulsioni. A parte alcuni gruppi di persone che contestavano l'esito delle elezioni, contestazioni peraltro prontamente sedate dalla polizia, la pubblicazione dei risultati non ha riscaldato particolarmente gli animi, né in un senso né nell'altro. Tuttavia negli ultimi giorni si stanno succedendo una serie di incontri molto riservati tra i grandi marjà della città, nell'intento di far superare al paese questa grave crisi e di trovare soluzioni eque.

Va detto che, con l'eccezione dell'Ayatollah Nouri Hamedani, nessun marjà ha ancora inviato gli auguri ad Ahmadinejad, e già questo è un fatto senza precedenti. Nei proclami emessi dai marjà i temi più ricorrenti sono: riconciliazione nazionale, inviti alla calma, al rispetto della legge, alla logica, raccomandazione di astenersi dall'ira e dalla violenza nei confronti dei contestatori, e infine la gratitudine per la partecipazione senza precedenti alle elezioni.

Al suo ritorno dal pellegrinaggio alla Mecca, l'Ayatollah Seyyed Abd'ol Karim Musavi Ardebili è stato molto attivo nel cercare una soluzione alla crisi. Le sue attività e le sue attuali posizioni politiche sono estremamente importanti, in quanto si tratta di un rivoluzionario della prima ora insediato dall'Imam stesso nel Consiglio della Rivoluzione Islamica.

Il Consiglio era composto da personalità eminenti della Rivoluzione Islamica posti a dirigere il paese tra il 1979 e il 1980. Ne fecero parte anche l'Ayatollah Rafsanjani e Mir-Hossein Moussavi. L'Ayatollah Musavi Ardebili è stato anche uno dei fondatori del partito della Repubblica Islamica e, dopo il martirio dell'Ayatollah Beheshti, fu posto a capo del potere giudiziario del paese e vi rimase finché l'Imam era in vita.

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Tra gli altri marjà molto attivi c'è Seyyed Moussa Shubairi Zanjani, che ha avuto incontri riservati con l'Ayatollah Safi Golpayegani. La cosa è degna di nota dato che l'Ayatollah Shubairi normalmente è molto lontano dall'attività politica, pur avendo un'importante cattedra teologica a Qom.

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A Teheran, domenica 28 giugno si è celebrato il 28esimo anniversario del martirio dell'Ayatollah Beheshti nella moschea di Qoba. Gli elettori di Moussavi hanno partecipato numerosi alle celebrazioni, nonostante la pesante atmosfera di repressione. Va detto che la famiglia di Beheshti è molto vicina a Moussavi, in particolare i due figli sono tra i consiglieri più intimi del candidato. Nonostante si trattasse di una manifestazione autorizzata, la polizia ha circondato la moschea e caricato più volte per disperdere la folla.

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Tra le migliaia di persone intervenute alla cerimonia, erano presenti anche Effat Mor'eshi e Faezeh Rafsanjani (moglie e figlia dell'Ayatollah Rafsanjani), Zahra Eshraqi (nipote dell'Imam Khomeini), Neda Moussavi Bojnourdi e suo figlio Ahmad Mostafavi (moglie e figlio di Hassan Khomeini). E' intervenuto anche il candidato presidenziale Mehdi Karroubi, assente Moussavi per il traffico, ha parlato dopo il figlio di Beheshti da un telefono cellulare.

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Dopo le cariche della polizia, migliaia di persone si sono allontanate dalla moschea marciando in direzione sud. La fila era preceduta da un religioso di mezza età al quale avevano chiesto di guidarli. La folla era talmente disciplinata che, arrivati a destinazione in via Sharverdi Nord, il religioso li ha pregati di disperdersi e la folla, dopo aver dedicato un coro di ringraziamento al mullah, si è immediatamente sciolta.

E' davvero ingiusto e miope vedere questi episodi e non accorgersi della loro importanza. Gli incidenti delle ultime due settimane, con tutte le loro amarezze e le loro tragedie, hanno dato vita a momenti gloriosi e nobili. Non volerli vedere è dannoso per la nazione e per lo stato.

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sabato 27 giugno 2009

Ognuno ha i golpisti che si merita...

...i nostri sono i più cretini del pianeta. Se mi fanno un colpo di stato elettorale, pretendo che almeno sia evitata sciatteria.

Qualcuno ha dato un'occhiata ai file pdf del ministero degli interni con il dettaglio dei seggi. In una percentuale innaturalmente alta di seggi, il totale dei votanti era multiplo di 100. Il che è un assurdo statistico e indica una manomissione nel tracciato software dei conteggi.

Si tratterebbe di una prova indiziale, ma non voglio parlare prima di vedere coi miei occhi. Ne riparleremo.

Di cosa SI tratta - post ideologico numero 3

"Temo il giorno che sarete chiusi in un palazzo con un gruppetto armato che vi difende, mentre il popolo fuori vi grida contro i suoi slogan" (Ruhullah Khomeini)

Avendo stabilito - un po' seriamente e un po' col sarcasmo - che in Iran non si sta vivendo un conflitto di classe, ma un conflitto tra due borghesie, vediamo ora di analizzare un pochino più a fondo la natura del movimento "verde" inquadrandolo tra i movimenti rivoluzionari e pre-rivoluzionari nella realtà culturale iraniana.

Prendo le mosse da un articolo di Slavoj Zizek, pubblicato su Carta (grazie ancora Nico) e letto oggi anche su Internazionale. Un ulteriore riferimento bibliografico necessario è il saggio "Shah-in-Shah" di Riszard Kapuscinski, edito in Italia dalla Feltrinelli nel 2001 (ISBN:8807015986).

Sarebbe poi bene conoscere un minimo di storia contemporanea dell'Iran a partire dal 1890, anno del "boicottaggio del tabacco" (تحریم تنباکو). Passando per la Rivoluzione Costituzionale (1905), colpo di stato e incoronazione di Reza Khan Pahlavì (1925), la nazionalizzazione del petrolio (1951), fino alla rivoluzione islamica (1979). Giusto per avere un'idea del fatto che si tratta di una nazione di teste di c... molto difficili da governare.

Interessante inoltre notare la cadenza grosso modo trentennale che scandisce il ritmo dei moti e delle crisi. Infine, caratteristica comune a tutti e tre i moti rivoluzionari iraniani del secolo scorso (escludo Reza Khan che in realtà fu il soffocamento della Rivoluzione Costituzionale), la decisiva partecipazione del clero sciita e comunque la forte componente religiosa.

Ho vissuto l'ultima di queste rivoluzioni in prima persona, anche se da ragazzino. Non posso fare a meno di notare come, per qualche motivo, gli storici di scuola marxista come Zizek e Kapuscinski riescono a comprendere meglio degli altri il "punto di non ritorno": quel punto in cui sparisce la paura dello stato. O, volendo essere pignolini, il momento in cui sparisce l'autorità.

Hannah Arendt, la sesta donna più importante della mia vita, in una breve raccolta di saggi traccia una distinzione molto netta tra autorità e coercizione: nel momento in cui diventa necessaria la coercizione, l'autorità è già diventata cibo per vermi. Lo posso confermare come padre: se arrivi alla sculacciata, l'autorità ha già fallito. Perché, se non avesse fallito, la sculacciata non sarebbe stata necessaria.

Il punto di non ritorno di una rivoluzione non è tanto la scomparsa della paura, ma piuttosto la perdita di autorità. Quando allo stato non rimane altro mezzo che la coercizione militare o poliziesca, non è più il popolo che vive in una prigione, è lo stato ad essere assediato nel suo palazzo da milioni di nemici. Oggi, in Iran, si sta nuovamente per toccare questo punto. La soluzione che avrà la crisi elettorale ed istituzionale potrà accelerare o ritardare la vera crisi.

Ma quella crisi inevitabilmente ci sarà, anzi in larga parte c'è già stata: qualunque nazione con 70 milioni di abitanti, dei quali 50 milioni sotto i 40 anni e 35 milioni sotto i 25, vive una fortissima crisi sociale e culturale con un alto grado di conflittualità generazionale. Basta pensare all'occidente negli anni '60.

Come dice una cara amica, il giovane, fintanto che vive a carico della famiglia, si trova in uno stato di alienazione. Vive cioè un conflitto reale dovuto al fatto che deve sottostare a un insieme di regole e valori, e ciò provoca in lui una reazione di forte opposizione.

E' chiaro che numero così elevato di singole conflittualità generazionali, se si accavalla con altre conflittualità di tipo più "classico" (come quella tra il salariato e il padrone o come quella tra due classi borghesi antagoniste) contiene un potenziale rivoluzionario elevatissimo. E questo potenziale si manifesta dapprima in un mutamento dei costumi popolari e della morale, cosa che in Iran è già avvenuta anche tra i giovani Bassij (causando ciò che ho precedentemente chiamato "baathizzazione" del regime islamico).

Un ultimo punto dell'articolo di Zizek è l'analisi dei moti di questi gironi come continuazione dellao spirito della rivoluzione islamica, in qualche modo "ibernato" per una trentina d'anni. Certamente c'è una riscoperta degli slogan, di certe modalità di lotta, e in generale di un forte senso di comunanza tra la gente. Ho notato che questo rivolgere gli slogan di Khomeini contro Khamenei e Ahmadinejad ha trovato una vasta approvazione persino tra gente per la quale Khomeini è Satana.

Va anche detto che tutti i moti rivoluzionari iraniani del secolo scorso hanno sempre mantenuto qualcosa dei moti precedenti. Mosaddegh si riteneva un legittimo continuatore della rivoluzione costituzionale, la rivoluzione islamica era una reincarnazione di quell'orgoglio nazionale che era alla base del premierato di Mosaddegh 25 anni prima...

In effetti dalla coalizione tra le forze liberali, socialdemocratiche e clericali nacque - nel 1979 - una specie di costituzione ibrida, in parte fortemente democratica, e in parte inibita dal ruolo istituzionalmente riconosciuto al clero in varie posizioni chiave. Le uniche formazioni politiche che, pur partecipando attivamente alla rivoluzione islamica, non hanno lasciato alcun segno nella costituzione iraniana, sono quelle marxiste. Anche questo deve far pensare a lungo, prima di affibbiare a una delle due parti oggi in conflitto il ruolo di paladino del proletariato.

Riassumendo: la "auctoritas" del regime islamico è in gravissima crisi sotto un duplice attacco. Da una parte una numerosissima popolazione giovane e autocosciente che - giustamente - ha l'obiettivo nemmeno tanto celato di mandare in pensione i vecchi e i loro valori morali ormai del tutto privi di attrattiva. Dall'altra il conflitto tra la borghesia liberale e quella conservatrice di cui abbiamo già detto. Tutto questo è già di per una rivoluzione.

giovedì 25 giugno 2009

La radice del problema

Traduco il seguente articolo letto su un sito che pubblica le notizie dal parlamento iraniano. L'articolo è firmato da Jamshid Ansari (foto), presidente del gruppo parlamentare "Nella Linea dell'Imam".


In questi giorni lo stato sta attraversando una situazione delicata e difficile, e tutti i grandi del paese consigliano alle due parti di muoversi nell'ambito della legge e di rivolgersi alle istituzioni legittimamente preposte.

Questo è un consiglio giusto ed auspicabile. Tuttavia c'è un punto che non viene sottolineato con la dovuta attenzione: la radice della crisi che lo stato sta attraversando si trova nel comportamento al di fuori della legalità di alcune persone, le quali, se si fossero comportate nel rispetto delle leggi vigenti, non avrebbero causato le conseguenze critiche che vediamo.

Porre l'attenzione su alcuni tra questi comportamenti può aiutare a prendere le decisioni giuste per superare la crisi.

1) Alcuni deputati del parlamento, preoccupati, sottolinearono che la nomina del signor Sadegh Mahsuli - già capo dello staff elettorale del signor Ahmadinejad - a ministro degli interni, avrebbe dato l'impressione che si stava preparando il terreno per addomesticare le elezioni. Purtroppo le loro preoccupazioni non sono state prese in considerazione.

2) La maggioranza dei membri del governo, sottosegretari e responsabili regionali, utilizzando fondi pubblici, si sono prodigati a fare campagna elettorale per l'amministrazione in carica in modo plateale, disinteressandosi del fatto che sarebbe stata legalmente opportuna una neutralità dei loro uffici nella competizione elettorale. Ciò è stato sottolineato per tempo, ed è stato sottolineato soprattutto il rischio della trasformazione di questa pratica in una specie di voto di scambio. Ma ancora una volta la cosa non è stata presa nella dovuta considerazione.

3) Durante lo svolgimento delle elezioni, i responsabili del Ministero degli Interni e i prefetti, con diversi comportamenti al di là della legalità, hanno di fatto vanificato la possibilità dei delegati dei candidati a controllare le operazioni di voto e di conteggio. Ciò è stato per tempo denunciato dagli staff elettorali dei candidati sfidanti, ma nessuno ha seguito queste denunce con la dovuta attenzione.

4) Nel giorno delle elezioni, senza lacuna ragione plausibile, è stata bloccata la rete telefonica mobile e di fatto sono state interrotte le comunicazioni tra i candidati e i loro delegati fin dalle prime ore del mattino, ma nessuno si è interessato a risolvere il problema, che fosse tecnico o altro.

5) Di fronte alle stranezze perpetrate dal ministero degli interni il giorno delle elezioni, dalla scomparsa di schede elettorali alle prime ore del mattino in molti seggi, all'illegale interruzione delle operazioni di voto mentre le persone erano ancora in coda, passando per le irregolarità nelle operazioni di conteggio e comunicazione dei risultati... di fronte a tutto questo non v'è stata alcuna reazione da parte degli osservatori legalmente preposti.

6) Più importante di tutto: ben sette membri del Consiglio dei Guardiani si sono dichiarati elettori di Ahmadinejad, e alcuni addirittura fecero campagna elettorale per lui, violando il principio di assoluta neutralità che deve ispirare questa istituzione. Ma nessuno ha consigliato loro un comportamento giuridicamente più opportuno.

Eppure oggi, dopo che i risultati dichiarati hanno incontrato un'incredulità di massa anche tra i più ottimisti, si consiglia - certo giustamente - di esprimere la sfiducia restando nell'ambito della legge.

Tuttavia è necessario aver presente che, prima di tutto, la radice del problema sta nelle numerose irregolarità che hanno caratterizzato queste elezioni. E, secondo, il problema è stato provocato dalle stesse persone che oggi occupano posizioni legali che consentono loro di decidere l'ammissiblità dei ricorsi. E perciò, purtroppo, non godono per nulla della fiducia della gente.

L'impressione è che tra lo zittire le persone e il convincerle ci sia una certa differenza. I responsabili, per convincere la gente, dovrebbero indagare a fondo sulle irregolarità e punire coloro che se ne sono resi responsabili ai sensi della legge vigente. Questo è il costo che lo stato deve pagare per riottenere la fiducia.

Un vero proletario

Il compagno proletario che vedete nella foto, a detta di qualificati e autorevoli analisti che ho avuto l'avventura di conoscere recentemente, sarebbe intento (armi proletarie in pugno) a difendere appassionatamente la sua misera pensione dall'assalto delle forze imperialiste al soldo della CIA.





In realtà si tratta di Seyyed Hossein Mir Kazemi, visto nella seconda foto nella sua veste di amministratore delegato della "Donyaye Felez", un'acciaieria posta a 40 km da Teheran sulla strada di Karaj. Il Seyyed è responsabile dell'organizzazione di una squadra di Bassij nella moschea di Alhadi, situata nel quartiere di Shemshabad a Teheran. Il compagno è in compagnia di altri compagni, mi si perdoni la poetica allitterazione, a visitare l'acciaieria. Si tratterebbe di alcuni ministri dell'ultimo governo di Ahmadinejad.




Nella terza immagine (mi scuso per la qualità) si vede un documento bancario che spiega come sia stata premiata tanta disinteressata fedeltà alla causa dei lavoratori sfruttati dall'imperialismo: l'azienda amministrata dal compagno è debitrice verso le banche pubbliche dell'equivalente di 170.000.000 di euro, ed è il principale debitore della filiale della banca Keshavarzi in questione.





Nel curriculum del Seyyed risultano anche altre azioni di autodifesa proletaria, tra i quali la partecipazione alla repressione dei movimenti studenteschi dell'estate del 2000, e la bastonatura di Mostafà Taj Zadeh (deputato riformista) nell'aeroporto di Khorramabad.
Fonte: www.peykeiran.com

A più tardi.

mercoledì 24 giugno 2009

"Non sta succedendo niente - le fabbriche riapriranno - arresteranno qualche studente"

Un po' di notizie sul fronte della repressione.

1) Oggi a Teheran ci sono stati molti morti.

I testimoni oculari parlano di una violentissima repressione, si parla persino di attacchi a colpi d'ascia. Il "fragore" di queste notizie ha ampiamente superato quelle di sabato scorso, in cui sarebbero state uccise almeno trenta persone.

I manifestanti cercavano di riunirsi in diverse piazze, ma la concentrazione principale era davanti al parlamento per protestare contro l'iniziativa di alcuni deputati che intendono avviare la cerimonia di insediamento di Ahmadinejad. Va tenuto presente che la sua presidenza non è ancora stata ufficializzata né da Khamenei, né dal Consiglio dei Guardiani.

Qui c'è un video che riprende almeno un manifestante morto o ferito molto gravemente, direi da un colpo di fucile [warning - graphic content]. Non ho capito bene se ci troviamo di fronte al Parlamento o di fronte alla tomba di Khomeini.


2) Arresti - vademecum generale:

Premessa sugli arresti in generale: tutti gli arresti avvengono con delle formalità operative che ricordano un rapimento o una deportazione. All'arrestato non vengono mai contestati reati concreti, perché il fermo avviene con la scusa di attentato alla sicurezza nazionale.

Normalmente, dopo una settimana di sbattimenti, i famigliari dell'arrestato riescono a scoprire dove è stato rinchiuso e gli procurano dell'assistenza legale. Altre volte l'arrestato sbuca in un notiziario televisivo dopo mesi di assenza, e confessa che fa parte di un complotto teso a rovesciare la Repubblica Islamica.

Morale: aspettatevi un'ondata di confessioni.


3) Arresti - 1:

Il sito Mowje-sevvom ("terza ondata") riporta la notizia dell'arresto in massa di 70 (settanta) professori universitari, dopo un briefing avvenuto tra questi e Moussavi. L'incontro e l'arresto sarebbero avvenuti oggi in serata.

Ricordo che la sera della proclamazione dei risultati elettorali c'è stato immediatamente un attacco di miliziani in borghese al dormitorio dell'Università di Teheran. L'attacco avrebbe provocato 7-8 morti, ma dobbiamo starcene alle testimonianze dei compagni perché non si trovano nemmeno i cadaveri.

In conseguenza a questo gravissimo fatto, 150 professori dell'università di Teheran hanno simultaneamente rassegnato le dimissioni per la "vergogna di prendere lo stipendio da un simile governo".


4) Arresti - 2:

In settimana, in un'unica retata, sono stati arrestati tutti i giornalisti della rivista on line Kalame-ye Sabz (il sito è giù, indovina perché...).


5) Arresti - 3:

L'Organizzazione Internazionale per i diritti dell'Uomo, citato in questo articolo di gooya news, è riuscito a fare un minimo di luce sugli arresti pubblicando una lista di nomi. La lista a detta dell'articolo è parziale, perché contiene solo i nomi di cui l'organizzazione è venuta a conoscenza. Si tratta di arresti effettuati a partire dalla sera delle elezioni, una decina di giorni fa.

I nomi sarebbero 240, venti nove dei quali liberati e gli altri ancora in custodia.
102 sono personaggi politici, 23 giornalisti, 79 studenti e 7 professori universitari (evidentemente non sono contati i 70 di oggi).

Questi arresti non hanno nulla a che fare con gli scontri, sono gente prelevata dal suo letto secondo le modalità sopra descritte.

Fonti governative danno i seguenti numeri, non specificando quali e quanti in occasione di manifestazioni, oppure prelevati da casa:

Arresti complessivi: 627
Morti: 27 (ovviamente questi durante le manifestazioni)

Qui c'è la lista della International Campaign for Human Rights in Iran, coi nominativi, pubblicata in inglese. L'ente non governativo esprime la sua preoccupazione per il fatto che gli arrestati sono completamente tagliati fuori dal mondo e non hanno possibilità di comunicare con l'esterno, il che rende possibile (per come la vedo io è sicuro) la tortura e l'estorsione di confessioni.


Intermezzo - traduzione di un'analisi politica

Leggo e traduco da peiknet.com il seguente articolo di fondo, senza firma. L'articolo ovviamente è schierato con l'opposizione, ma è interessante anche per una serie di informazioni su ciò che sta avvenendo a livello istituzionale.


I golpisti sono caduti nella stessa trappola che avevano teso per le elezioni

Ogni giorno che passa della breve vita del colpo di stato avvenuto nel seno della Repubblica Islamica, si aggiunge un nuovo nodo ai precedenti nodi irrisolti. Al punto che gli stessi autori del golpe elettorale si trovano ora nell'imbarazzo più totale. La preoccupazione nel fronte golpista procede di pari passo con la rabbia e l'odio nel fronte anti-golpista.

La Guida della Rivoluzione, che in meno di dieci giorni ha perso tutta la credibilità residua di cui poteva godere, officerà anche questo venerdì la preghiera collettiva a Teheran e si attende un suo nuovo discorso. E' difficile che riesca a far ritornare nella stalla i buoi scappati. Simili operazioni sono possibili per uomini con una certa stoffa, categoria alla quale Khamenei non appartiene. Uomini come l'Ayatollah Khomeini che, in una situazione di profondissima crisi, ha avuto il coraggio di "bere la coppa di veleno" della fine della guerra con l'Iraq.

Un depresso speaker del Consiglio dei Guardiani, in un'intervista di ieri mattina, asseriva di avere "sulla punta della lingua" la decisione del Consiglio in merito ai ricorsi, e ha persino detto che dal punto di vista del Consiglio i brogli non erano poi tanto gravi. Salvo che qualche ora dopo è stato pubblicato il testo di una corrispondenza tra Ahmad Jonnati [presidente del Consiglio dei Guardiani n.d.t.] e Alì Khamenei. Da queste lettere emergeva che il Consiglio dei Guardiani avrebbe chiesto altri 5 giorni per meditare sulla questione, e che Khamenei glieli avrebbe concessi. In pratica stanno prendendo tempo per preparare il discorso di Khamenei per la preghiera di venerdì, per valutare le reazioni della gente e cercare di porre un rimedio all'intricatissima questione che essi stessi hanno provocato.

Intanto sembra che Mir Hussein Mousavi intenda pubblicare tutta la documentazione in suo possesso in merito alle irregolarità di voto e di conteggio. Si dice che sia in possesso di un resoconto scritto della comunicazione di vittoria fattagli in un primo momento dal Ministero degli Interni e la conferma della Guida, e che stia solo aspettando la decisione definitiva del Consiglio dei Guardiani per pubblicare il tutto.

E' in questa situazione che il Consiglio ha deciso di rinviare la sua pronuncia, per poter trovare tutti insieme una soluzione. Soprattutto perché c'è il rischio che la questione finisca sul tavolo dell'Assemblea degli Esperti. Cioè c'è il rischio che la documentazione dei brogli venga inviata all'Assemblea per una pronuncia in materia, e che a quel punto finisca sotto esame l'operato sia della Guida, sia del Consiglio dei Guardiani. I quali hanno sostanzialmente approvato i brogli chiudendo gli occhi, e c'è il rischio vengano considerati decaduti nella loro carica di fronte alla "shar'ia" islamica, poiché hanno mentito, hanno falsificato l'esito delle elezioni, e per difendere la menzogna e la falsificazione hanno versato del sangue. In questo modo hanno dato un durissimo colpo alla legittimità popolare della Repubblica Islamica e alla sua immagine internazionale.

La crisi è difficilmente confutabile anche su altri fronti.

Alì Larijani e Mohammad Reza Bahonar [1] cioè il presidente e il vicepresidente del Parlamento, hanno pubblicamente criticato il taglio giornalistico decisamente parziale dato alla crisi dalla televisione iraniana, e hanno chiesto che Moussavi venisse invitato per un dibattito pubblico. Il tentativo è quello, in primo luogo, di far uscire la protesta dalle piazze e portarla sugli schermi televisivi, e poi di trovare gradualmente una soluzione alla crisi.

Hossein Shariatmadari direttore del quotidiano Keyhan, e il generale Zarqami responsabile della TV iraniana, sono invece di un altro avviso. Essi cercano di presentare Moussavi come un istigatore all'eversione. Sono agli ordini dello stato maggiore del golpe? Finché non conosceremo la questione nei dettagli non è possibile rispondere.

In questo caos istituzionale, ci si è messa anche la onorevole deputata Fatemeh Alya ad avviare i preparativi per il giuramento di Ahmadinejad, quando la presidenza di costui non è ancora stata ufficializzata né dal Consiglio dei Guardiani, né dalla Guida. La Guida stessa poi, avendo detto in anticipo che Ahmadinejad sarebbe il suo presidente preferito, si trova ora sotto la minaccia di impeachment da parte dell'Assemblea degli Esperti che cerca di contenere le sue fughe in avanti.

Sono diminuiti sensibilmente i proclami di repressione da parte della Sepah [2]. Il risultato di questi proclami è il sangue versato nelle strade, i corpi privi di vita che si sono accumulati in via Enghelab e nei vicoli adiacenti sabato scorso. Fonti non governative parlano di almeno 200 morti [3]. Neda Soltani è diventata simbolo del tragico massacro di sabato.

Tra i comandanti della Sepah si sta discutendo di ciò che si è perso. La leggenda dei 20-30 milioni di Bassij si è rivelata essere un pupazzo di neve scioltosi al primo alito caldo di protesta nelle strade. Alla minaccia di una guerra asimmetrica contro gli Stati Uniti si è sostituita la realtà di uno stato di guerriglia urbana interna.

La bugia dei 24 milioni di voti per Ahmadinejad, prima ancora di aver bisogno di prove legali, si è rivelata tale nelle strade. E' stato possibile portare nelle strade non più di 40.000 persone - tra quei 24 milioni - a manifestare per il governo in piazza Fatemi. Non si vedono segni di quei 24 milioni di elettori a Mashhad, Shiraz, Teheran, Tabriz, Kermanshah, Kerman, Ahvaz, o anche nelle piccole città, dove in questi 10 giorni la popolazione si è riversata nelle strade contro il golpe elettorale. E nonostante i massacri [4] non hanno ancora abbandonato le strade e continuato le loro grida notturne da sopra i tetti. Per quanto questi fatti non siano ancora stati discussi tra i capi e i militari della Sepah, presto lo saranno. E difatti ci sono già dei segnali in questa direzione [5].

Il duro comunicato emesso due giorni fa a nome della Sepah, ad esempio, è un testo scritto da Hojat'ol Eslam Zunnur rappresentante dell'ufficio della Guida presso l'Arma, e pubblicato poi dall'ufficio politico e delle pubbliche relazioni. Cioè dallo stesso ufficio che per anni è stato gestito dal riformista Mirdamadi il quale ora si trova in carcere arrestato dal fronte golpista. Ci si chiede se il Consiglio dei Comandanti della Sepah condivida questo comunicato e, se lo condivide, come mai non sia stato emesso a nome del consiglio stesso.

[...]

Cos'è successo da questa parte, cioè nel fronte anti-golpista? La gente ha avuto dei morti, ma si è rafforzata la reciproca fiducia e il senso di unità [6]. La gente ha avuto dei morti ma si è ritrovata insieme dopo tre decenni. La gente ha avuto morti ma ora gli è chiaro chi sta governando, e chi sta con chi.

Una parte della crisi nella quale il fonte golpista si ritrova impantanato ci porta sullo scenario internazionale. L'esplosione di video, immagini e notizie in tutti i media mondiali ha portato con sé un'ondata di attenzione dell'opinione pubblica mondiale verso ciò che sta accadendo in Iran. Un interesse internazionale che non aveva precedenti fin dalla guerra del Viet Nam. Potremmo dire un interesse superiore persino ai giorni della caduta del muro di Berlino.

Sotto la pressione di quest'ondata di interesse internazionale, l'Unione Europea, gli Stati Uniti e l'ONU si sono trovati costretti a prendere delle posizioni. In modo tale che non solo ad oggi non hanno riconosciuto Ahmadinejad come presidente, ma hanno anche insistito per la riconta dei voti (Angela Merkel) e dato voce a proteste internazionali contro la repressione.

Dopo trent'anni si è anche formato un forte senso di unità nazionale fuori dal paese. La partecipazione e le irregolarità elettorali erano tali che hanno coinvolto anche gli iraniani residenti all'estero. In tutti i paesi esteri il candidato favorito degli emigrati era Moussavi, e la requisizione di questi voti a favore di Ahmadinejad [...] ha provocato una forte indignazione tra tutti gli iraniani all'estero, che hanno abbandonato le loro divisioni politiche e dichiarato la loro solidarietà con i loro concittadini in patria.

Per queste ragioni, una cosa al momento è certa: il sicuro perdente dello scenario che abbiamo davanti è il fronte golpista.

Peiknet - 26/06/2009

[1] Entrambi conservatori. Larijani è anche conosciuto all'estero per essere stato il negoziatore iraniano sul nucleare, col gruppo dei 5+1 (n.d.t.)

[2] Letteralmente "arma". Sono i Pasdaran. (n.d.t.)

[3] Le fonte governative, mi pare, una trentina (n.d.t.)

[4] Che le notzie di oggi tragicamente confermano (n.d.t.)

[5] Si riferisce alla notizia data nel post precedente (n.d.t.)

[6] Concetto magistralmente espresso anche da Mohsen Makhmalbaf, regista iraniano, in un suo discorso video girato qui in Italia datato ieri (n.d.t.)

Di cosa NON si tratta - post ideologico numero 2

Sgomberiamo il campo da qualunque malinteso: il conflitto politico in corso in questo momento in Iran non è un conflitto di classe. La guerra civile in Spagna: quella è stata un conflitto di classe. La guerra d'indipendenza dell'Algeria è stata un conflitto di classe, di tipo coloniale. La guerra di secessione americana invece non è stata un conflitto di classe: ha semplicemente visto a confronto due borghesie. Una più arcaica, una più moderna. E in quell'occasione ha vinto la più moderna.

Per capire meglio, vediamo di analizzare la struttura delle classi sociali iraniane per poter eventualmente identificare le loro tendenze nel conflitto in corso. L'Iran non è più un paese agricolo. Anche se un terzo della popolazione vive ancora della terra, il paese può definirsi industriale e mercantile.

In Iran vi sono certamente due borghesie: una di tipo mercantile (il "bazar") con tendenze più conservatrici, l'altra composta dal ceto medio urbano (professionisti, impiegati, ingegneri, medici) con tendenze più moderne. Anzi il termine corretto sarebbe "post-moderno". Così come esistono due borghesie, di riflesso esistono due "cleri": uno più massimalista e conservatore che fa da riferimento alla borghesia mercantile, l'altro più riformista e moderno che fa da riferimento alla classe media urbana.

Esistono due proletariati. Uno è composto dalla classe lavoratrice qualificata: penso agli operai della Iran Khodro (auto), agli operai del "Shilat" (ittico) a quelli della NIOC (petrolifero). In questo proletariato qualificato è facile trovare quello che un marxista definirebbe "coscienza di classe": capacità di scelte politiche autonome e sindacalizzazione. L'altro proletariato è la forza lavoro non qualificata: operai edili poco istruiti, spesso contadini inurbati da poco. Nessuna coscienza di classe: si lavora per campare e certo non si sciopera mai. Questa parte del proletariato è più sensibile alle politiche populiste dei conservatori.

Esiste poi un immenso "Esercito Industriale di Riserva" (EIR), cioè di disoccupati non qualificati che vivono ai margini delle città, negli slums. Nel mondo capitalista, l'EIR ha la funzione di mantenere basso il costo del lavoro: la massa immensa di persone disposte a lavorare per il pane garantisce che il costo del lavoro non qualificato non superi mai il minimo vitale.

Chi fa parte di questa sfortunata categoria di cittadini, facilmente entra a far parte della classe che Marx definì "lumpenproletariat", ovvero "proletariato straccione". Classe composta da piccoli delinquenti, fuorilegge, puttanieri, spacciatori, ladri di appartamento eccetera. Questa classe, in Iran, fornisce la manovalanza delle milizie squadriste che vengono generalmente usate contro i manifestanti, oppure fa da "comparsa" durante le manifestazioni indette dalla borghesia radical-conservatrice al governo, o infine viene "comprata" durante le elezioni per votare il candidato conservatore, in genere in cambio di un sacco di patate. In altre parole, in questa fase storica il lumpen-proletariato vien utilizzato dalla borghesia conservatrice per "mettere al suo posto" la borghesia moderna.

Ora, come ho già detto altrove, quando una parte della borghesia - tradizionalista, nazionalista, religiosa e conservatrice - usa il lumpen-proletariato per imporre la propria legge su un'altra parte della borghesia e sulla classe operaia, siamo di fronte a una cosa che ha un nome molto preciso: fascismo.

L'ascesa della borghesia conservatrice del bazar come classe principale del paese (non in termini numerici ma di rappresentanza politica) affonda le sue radici nella rivoluzione del 1979. In quell'epoca l'Iran era in una fase drammatica di transizione da economia agricola verso un'economia industriale. Milioni di contadini lasciavano i campi per trasferirsi nelle città, ma il giovane tessuto industriale del paese non era in grado di assorbirli, e costoro andarono a infoltire le fila del sottoproletariato urbano. I cosiddetti "meno abbienti" (مستضعفین), che furono utilizzati dal clero sciita come massa d'urto per rovesciare la monarchia, e che probabilmente pagarono il pegno di sangue più alto nella guerra Iran-Iraq.

Oggi siamo di fronte ad una nuova fase di transizione: il paese si sta muovendo da un'economia industriale verso un'economia post-industriale. La borghesia istruita, il ceto medio urbano, quello che ha "una donna, un lavoro, una casa, e il cesso col bidé", aumenta numericamente e chiede potere. La parte riformista del sistema iraniano è una risposta politica alle esigenze di questa classe sociale in costante ascesa.

Il confronto politico che sta vivendo l'Iran, perciò, è tra due classi borghesi con una differente "agenda politica": una mercantile, e una post moderna. Il proletariato poco qualificato, e soprattutto il sottoproletariato, sono pedine dello scontro. Ma al di là di questo non hanno un peso politico proprio.

Se Ahmadinejad fosse il Lenin iraniano, se l'islamismo radicale fosse il partito del sottoproletariato, allora dopo trent'anni di governo il sottoproletariato non dovrebbe nemmeno più esistere.

Perciò poche balle: dire che Ahmadinejad è più amato dalle classi povere è un maldestro tentativo di dare una veste di conflitto di classe a uno scontro tutto interno alla borghesia iraniana, una parte della quale usa il sottoproletariato per bastonare l'altra.

Certamente, il sottoproletariato predilige la parte che le dà occasionalmente dei soldi. Ma non siamo di fronte ad una situazione che veda proletariato e sottoproletariato lottare contro la classe borghese. Cioè: In Iran non c'è in atto un conflitto di classe.

Domani parleremo del perché il conflitto è esploso proprio ora.

martedì 23 giugno 2009

Epigrafe

Riguardo al generale Ali Fazli, mi è venuta in mente una frase che sentii tempo fa, che mi sembra molto azzeccata:
Se un uomo ti punta addosso un fucile e ti dice "uccidi il tuo fratello o io uccido te", egli ti induce in tentazione. Ecco tutto.

Troppo stanco per il post che volevo fare ma...

...ci sono lo stesso due notizie interessanti. La prima riguarda questo signore:

Si chiama Alì Fazli ed è un generale dei Pasdaran. Non sta facendo l'occhiolino a una ragazza, è un eroe ferito nella Santa Difesa (la guerra con l'Iraq insomma). Ha una sua pagina su Sajed, il forum dei reduci di quella guerra.

Risulta da diverse fonti che costui abbia ricevuto da Khamenei l'ordine di dirigere la repressione coi suoi uomini. Dato che è uno che in guerra c'è stato per davvero evidentemente ha le palle grosse, e avrebbe fatto una sonora pernacchia alla Beneamata Guida.

Secondo la fonte si troverebbe agli arresti in un luogo ignoto. La notizia non è confermata ma è riportata da diversi giornali e notiziari.


Sempre collegato alla scomparsa e/o arresto di Fazli, vi sarebbe stato poi un altro rumoroso scricchiolio nell'Arma dei pasdaran. Questa volta si tratterebbe del generale Haji Saeed Ghassemi (foto qui a destra), ex comandante delle brigate Al-Qods. Per capirci: sono quelli che hanno addestrato Hezbollah in Libano e addestrano gli uomini di Muqtadà As-Sadr in Iraq.

Il Haji avrebbe avuto un incontro informale con altri 16 comandanti dei Pasdaran della vecchia generazione, e in quella riunione avrebbe espresso la sua profonda preoccupazione per la situazione attuale definendola "vergognosa e lontanissima dai desideri dell'Imam Khomeini". Avrebbe poi aggiunto che in caso di una maggiore insistenza di Khamenei sulla via della repressione bisognerebbe unirsi al popolo.

La notizia non può essere ufficiale ovviamente, ma è riportata praticamente in tutti i blog e notiziari che si oppongono a Khamenei e Ahmadinejad. Se son rose fioriranno

domenica 21 giugno 2009

Il "bonhomme occidental" fa molta fatica a capire...

...ma se questi vogliono maggiori diritti e libertà individuali, come mai tutte le notti gridano Allahu Akbar e portano sul petto la foto di Khomeini?

Ecco il punto. La situazione è sfuggente per chi non ha una buona conoscenza della società e della politica iraniana degli ultimi trent'anni. Il "bonhomme occidental", l'homo occidentalis, non capisce. Così giudica coi suoi parametri euro centrici e finisce per dire e pensare un mucchio di minchiate. Anche quando guarda da estrema sinistra.

Cominciamo col negare un luogo comune: la Repubblica Islamica non è un "regime" se non nel senso europeo del termine. Forse è la cosa più democratica che l'Iran abbia mai avuto. Semmai non è liberale, e non è solo una questione di terminologia.

Ovviamente non è permesso formare partiti marxisti, liberali, laici, socialdemocratici o monarchici. Tutto questo è "fuori" dalla Repubblica Islamica. Ma tra i partiti che erano "dentro" la repubblica islamica la competizione c'è sempre stata ed è stata sostanzialmente onesta. Questa volta però stiamo assistendo ad una cosa diversa.

Lo spiegherò traducendo una lettera dell'Ayatollah Bayat Zanjani a Moussavi. La lettera è pubblicata sui siti di entrambi. Va premesso che l'Ayatollah Zanjani non è un frillo qualunque: è un Marjà' (مرجع) cioè è fonte del diritto canonico sciita. Da un punto di vista strettamente teologico e canonico, il suo rango è superiore a quello di Khameneì.

Cosa dice il marjà'? Ecco alcuni passi significativi riassunti e tradotti:

***

In nome di Dio, il Clemente e il Misericordioso

Ho seguito in modo abbastanza approfondito gli eventi di questa consultazione elettorale. [...] Devo dire che in passato ho ricoperto ruoli pubblici che mi hanno consentito di verificare un certo grado normale di irregolarità in ogni tornata elettorale, tuttavia le irregolarità di questa decima consultazione sono senza precedenti. E' stata commessa un'ingiustizia ai danni di moltissime persone di questo paese.

Da tempo è mancata la nostra Guida Beneamata l'Imam Khomeini, e sembra che molte persone insieme al suo corpo abbiano sepolto anche i suoi ideali. Non intendo affatto dire che non vi fossero ingiustizie prima del 1988 ma, finché l'Imam era vivo, non era certo possibile aggirare la legge in questa maniera, reprimere duramente chi si lamentava e per di più aizzargli i mezzi di comunicazione contro. [...]

Io da anni vado ripetendo il concetto che il nostro stato si sta progressivamente allontanando dal sentiero e dai pensieri dell'Imam, e metto in guardia da un graduale instaurarsi di un pensiero che avrebbe trovato in Khomeini un acerrimo nemico: un pensiero che non ha altri sbocchi se non la trasformazione della Repubblica Islamica in un Regime Islamico, e che alla fine del suo percorso distruggerà sia la fede che gli averi della gente.

Io, mentre dichiaro di appoggiare la sua causa, le ricordo alcuni concetti:

1) Coloro che le hanno dato il loro voto desideravano vederla giurare di fronte a Dio e a loro stessi che lei avrebbe difeso i loro diritti. Consideri questo stesso giorno come il giorno in cui ha pronunciato quel giuramento. [...]

[n.d.t.: da qui in poi il Marjà' cerca di applicare il concetto sciita - o forse musulmano - di "proibizione dell'empietà" (نهی منکر) alla situazione politica che si è venuta a creare].

2) In questa situazione è necessario a tutti impedire l'insorgere delle ingiustizie. I servitori fedeli dello stato debbono attenersi assolutamente a questo concetto, altrimenti saranno accusati dal popolo di essere a loro volta complici dell'ingiusto. In questi giorni l'obiettivo è quello di salvaguardare il patto della repubblica Islamica col popolo, patto unilateralmente disatteso.

3) I singoli cittadini che si sono alzati a difendere i propri diritti, soprattutto i giovani, considerino questo loro atto come un unico e grandioso atto di "proibizione dell'empietà". Tuttavia essi si dovranno sempre muovere all'interno del quadro della legalità. Sappiano che coloro che hanno usurpato i loro diritti desiderano presentarli come teppisti e delinquenti: stiano perciò attenti a che non si formino pericolose sovrapposizioni tra l'atto di proibizione dell'empietà, e la delinquenza.

Ciò che deve essere chiaro, è che il vostro avversario non è un candidato elettorale o un certo gruppo di interesse. Il vostro nemico è una visione del mondo errata e deviata che considera lecito raggiungere una finalità santa con mezzi impuri.

Considerate questa visione del mondo il vostro vero nemico, e nemico della Religione di Dio e successivamente condannate coloro che ne sono portatori. Dico sempre ai giovani che il vostro slogan in questi tempi deve essere: per raggiungere finalità sante non si devono adoperare mezzi impuri.

[...]

Sia pace ai retti servi di Dio
Ayatollah Assadullah Bayat Zanjani

***

Sembra evidente che in Iran abbiamo due mondi ideologici a confronto. Per rendere la cosa più comprensibile, possiamo fare un paragone col mondo laico occidentale, perché questo conflitto esiste anche qui tra noi.

C'è un momento in cui, in nome della "lotta al terrorismo", l'occidente ha iniziato a tradire sfacciatamente i principi della "religione liberale". E' inutile ricordare Guantanamo, Abu Ghraib, i bombardamenti quotidiani sui civili considerati "effetti collaterali" dei bombardamenti...

Il concetto inespresso che accomuna il Marjà' - che rappresenta la parte migliore del mondo sciita - con la parte migliore del mondo occidentale, quella parte che non accetta deroghe alle libertà e ai diritti dell'uomo, è proprio questo: se per sconfiggere il male io devo diventare un cattivo musulmano, allora tanto vale che vinca il male. Perché se i musulmani smettono di essere puri nelle loro opere pur di raggiungere un obiettivo, allora il male ha vinto comunque.

C'è molto di più che una semplice presidenza in gioco.

Lettera di Moussavi al Consiglio dei Guardiani (il dettaglio della truffa)

Post fatto oggi anche su don chisciotte in attesa di approvazione.

Oggi a Teheran è stata una giornata di guerriglia urbana. Ci si attendeva una imponente manifestazione simile a quelle di settimana scorsa, tuttavia questa volta le milizie basij, pasdaran e polizia antisommossa erano schierati con ordine di attaccare il più piccolo assembramento nelle vie che portano al luogo di concentrazione, in piazza Enghelab.

Ciò nonostante una grossa massa di gente si è comunque potuta concentrare, anche perché la polizia antisommossa spesso si rifiuta di caricare, lasciando il lavoro sporco ai più motivati basij. Il candidato Moussavi sta partecipando alla manifestazione, e in questo momento sta tenendo un discorso.

Tutto questo però non è il tema di questo post. Il tema di questo post è la traduzione (non integrale per motivi di lunghezza) del secondo memoriale consegnato al Consiglio dei Guardiani, stamane, da Moussavi.

Alcuni conoscono già la mia opinione: il concentrarsi sul fatto che i brogli siano avvenuti o meno è del tutto irrilevante quando per la strada si sentono gli spari, il sordo rumore dei lacrimogeni e l'urlo della folla. E' più interessante concentrarsi sul conflitto sociale, perché i brogli o i non-brogli sono solo... "sovrastruttura".

Tuttavia anche la verità vuole la sua parte, e dato che nessuno qui conosce le ragioni di Moussavi, mi tocca tradurre il suo memoriale per un mio rigoroso senso di par condicio. Buona lettura.

****

Spett.le Consiglio dei Guardiani

L'entusiastica partecipazione del popolo iraniano al decimo turno delle elezioni presidenziali è stata di gran lunga superiore alle tornate precedenti, ed ha attratto ai seggi milioni di elettori che precedentemente disertavano le urne. Una partecipazione leggendaria che non ha precedenti nei tre decenni della rivoluzione islamica e della storia democratica del paese. [...] Io continuerò a prendere ogni iniziativa possibile, nel rispetto del vigente quadro costituzionale, per ottenere giustizia per il nobile popolo dell'Iran. Ed ora una parte dei gravi fatti che hanno macchiato la decima tornata delle elezioni presidenziali

[...]

1) Piombatura delle urne prima delle votazioni

Poiché la condizione necessaria per la legittimità dei voti di un'urna è che i voti ivi presenti siano proprio quelli dati dagli elettori, è fondamentale che prima delle votazioni le urne vengano controllate e che ci si assicuri che non contengano già delle schede elettorali pre-votate. Per questa ragione, l'approvazione della regolarità dell'urna prima della piombatura deve avvenire in presenza degli osservatori delegati dai candidati. Questo non è avvenuto nella maggioranza delle sezioni.


2) Presenza dei delegati dei candidati ai seggi

Come recita il secondo articolo della legge unica, il Ministero degli Interni ha il dovere di emettere le credenziali dei delegati entro 48 ore prima delle elezioni, in modo da consentire loro di essere presenti ai seggi. Inoltre dovrebbe anche informare i delegati stessi in merito al luogo in cui dovrebbero svolgere il loro ruolo di osservatori. Tuttavia le prefetture e il Ministero degli Interni hanno sistematicamente disatteso questo dovere, in quanto:

Primo: per un gran numero di delegati non sono state emesse credenziali

Secondo: anche le credenziali emesse erano spesso inutilizzabili. A titolo di esempio: nomi errati, foto di delegati maschi invertiti con quelle di delegate femmina. In tutti questi casi, i responsabili dei seggi impedivano al delegato di presenziare alle operazioni di voto.

Terzo: anche quando le credenziali erano regolari, tuttavia erano emessi non per i seggi richiesti dallo staff dei candidati, ma come pareva e piaceva alle prefetture. Ciò ha reso impossibile la presenza di molti delegati per ragioni pratiche, quali: la distanza dal luogo di residenza, non corretta conoscenza del posto etc.

Quarto: in molti casi il numero di urna presente sul tesserino del delegato non corrispondeva col numero di urna presente nel seggio [il che di per sé è strano n.d.t.]. In tutti questi casi il delegato non è stato ammesso al seggio.

[...]

3) La faccenda dei seggi "itineranti":

Come dal testo unico in materia dell'elezione del presidente della repubblica, in certi casi è prevista la presenza di seggi itineranti al fine di far votare popolazioni in località difficili da raggiungere [...] Il numero di questi seggi è aumentato esponenzialmente durante la presente tornata elettorale, al punto che spesso si osservavano seggi itineranti a poche decine di metri da seggi fissi. Inoltre, sostanzialmente non è mai stata possibile la presenza dei delegati dei candidati ai seggi itineranti. Pertanto può essere avvenuta qualunque cosa in 14.000 seggi, ed è forse proprio questa la ragione del loro aumento esponenziale.

[...]

6) Trasferimento delle urne dai seggi alle prefetture

[...] In merito a questo c'è una comunicazione emessa dai rappresentanti e delegati dei tre candidati sfidanti alle 2:15 del mattino di sabato co0me segue:

Egr. Sig. Mahsuli, onorevole ministro degli Interni

Alcuni minuti fa l'ufficio elettorale del Ministero ha pubblicato alcuni risultati elettorali di fronte alla stampa nazionale ed estera. Noi - in qualità di rappresentanti dei candidati - non abbiamo idea di come siano stati raccolti, ricevuti e calcolati.

[...] Inoltre lo spazio assegnato alla presenza fisica dei delegati dei candidati sfidanti si trova lontano dal luogo dove viene effettuata la conta dei voti, e pertanto la nostra presenza o assenza è irrilevante.

[...]

****

Ecco il punto chiave.

Riassumendo: gli sfidanti del presidente in carica non hanno potuto esercitare alcun controllo nelle fase di verifica delle urne, operazioni di voto nei seggi, e la conta dei risultati nel ministero. Ovviamente chiedono l'annullamento delle elezioni agli organi costituzionalmente preposti, e portano la loro gente in piazza.

Per spiegarla anche a un bambino di tre anni: è come se alle prossime elezioni politiche la polizia e i carabinieri impedissero l'accesso dei delegati dei partiti alle urne e alle operazioni di scrutinio, e dopo alcune ore apparisse Maroni a dire che le elezioni le ha vinte la Lega e il PDL.

Poi, con un piccolo sforzo di fantasia, immaginate anche che il Presidente della repubblica sia Umberto Bossi, e che la corte costituzionale sia composta per sei membri su dodici da gente nominata da lui.

Scommettiamo che le piazze italiane sarebbero piene di "teppaglia"?

venerdì 19 giugno 2009

Referendum? Una exit strategy che rinvierebbe tutto

Peiknet, che di colpo mi diventa una delle fonti più attendibili (probabilmente ha ottimi insider), in un articolo di ieri riporta quelli che - dice - sarebbero i risultati delle consultazioni di Rafsanjani a Qom. Consultazioni che sarebbero servite a capire la posizione dei singoli membri dell'Assemblea degli Esperti sulla questione.

A Khamenei (il cui figlio Mojtaba è detto da peiknet.com essere l'ispiratore del golpe) sarebbe stato proposto di appoggiare un referendum per chiedere al popolo se accetta o no il risultato delle elezioni. E' un'evidente pagliacciata, nella mentalità "pratica" di tipo occidentale. Tanto vale ripetere le elezioni che si risparmia tempo, anziché fare un referendum che sarebbe di per sé mezza elezione presidenziale, e poi delle nuove elezioni presidenziali il cui risultato sarà uguale al referendum... sempre supponendo che il sistema riesca a dare sufficienti garanzie per evitare il ripetersi dei brogli.

Ma non è per nulla una pagliacciata in un certo tipo di mentalità tradizionalista iraniana, da una parte portata alla contrattazione da bazar, e dall'altra portata a complicati bizantinismi formali. In effetti avrebbe alcuni vantaggi per Khamenei. Sarebbe una specie di ciambella di salvataggio. Gli consentirebbe di uscire formalmente pulito dal casino che hanno combinato i suoi.

Un referendum che chiede al popolo semplicemente "se vuole accettare o no" il risultato delle elezioni, by-passa completamente la questione brogli e le responsabilità del golpe tentato da una parte eversiva dei conservatori, con l'appoggio delle reti nazionali di informazione, alcuni giornali come il Keyhan, parte del potere giudiziario. Con le forze Basij e Pasdaran, in pratica interamente deviate, a fare da braccio armato.

Questa gente andrebbe processata. I capi, gli organizzatori e gli ispiratori sarebbero accusabili di alto tradimento, di attentato alla sicurezza nazionale, e in Iran passabili di pena di morte. I Basij e i Pasdaran andrebbero posti sotto il comando dell'esercito regolare. I capi della polizia e molti procuratori andrebbero messi sotto indagine. I direttori, e probabilmente anche i dirigenti intermedi della radio e della televisione andrebbero sostituiti con persone non legate giacca e barba ai conservatori.

Ma un referendum spunterebbe le armi di un'eventuale presidenza Moussavi in tal senso: non si sono annullate le elezioni perché falsate da brogli sistematici di natura eversiva, non sono state annullate perché frutto di un colpo di stato. Le si è ripetute perché così ha deciso il popolo. Ora si fa la pace, si torna tutti alla situazione precedente. Chi non la vuole fare è per forza un estremista, e chi è che vuole stare con degli estremisti?

Il conflitto così rimarrebbe a covare sotto le ceneri e riesploderebbe, molto più violento, tra qualche anno.

giovedì 18 giugno 2009

Affinità e divergenze con 30 anni fa (o sul conseguimento della maggiore età della rete)

Mi andava di parafrasare nel titolo un artista che ho molto amato (prima che nella senilità diventasse un totale demente).

Ogni movimento ha la necessità di comunicare. Non solo verso l'esterno, sotto forma di propaganda, ma principalmente verso l'interno sotto forma di organizzazione. C'è da concordare luoghi e ore per i cortei, iniziative, scioperi. Poi c'è da contrapporre le proprie verità alle verità dell'avversario, normalmente dotato di maggiori mezzi.

In una fase rivoluzionaria, anzi, si può affermare che per un movimento sia un vantaggio strategico dominare su un medium non accessibile al nemico, e fare in modo che questo medium diventi quello prevalente nel conflitto sociale e politico che sta prendendo forma.

Nei tardi anni '70, il neonato movimento islamico iraniano trovava chiusi i medium più importanti: severissima censura sui giornali, libri e televisione. Ciò nonostante riusciva a comunicare attraverso un canale che il regime dello Shah non aveva mai considerato importante: le moschee. Le direttive generali arrivavano da Neauphle-le-Château, dove Khomieni viveva in esilio, incise su musicassette che attraversavano molto facilmente la frontiera.

La vittoria del movimento islamico nel 1979 ha molto a che fare col fatto che le masse iraniane, spesso gente analfabeta, era più probabile si trovassero in una moschea che non dietro a un libro o a guardare una televisione che non avevano.

Già qui c'è già abbastanza materiale per un paio di saggi di McLuhan ma andiamo oltre.

Qualche sociologo con testicoli più grossi dei miei dovrà prima o poi occuparsi del fatto che la gioventù iraniana è particolarmente incline a un uso massiccio, fantasioso e originale di internet. Inoltre sembra avere competenze tecniche superiori alla media dei propri coetanei, se non altro per quel che concerne il superamento di filtri e il mantenimento dell'anonimato.

Il governo iraniano fa estrema fatica a filtrare internet. Filtrare cose come facebook, twitter, o i feed RSS è di per sé difficile. In più i ragazzi iraniani all'estero creano costantemente servizi per la rottura dei filtri e li mettono a disposizione dei loro compari in madrepatria.

Normalmente queste capacità vengono usate per scaricare della musica o dei film proibiti in Iran oppure per il mero cazzeggio. E' già difficile vederci un potenziale positivo di qualunque tipo per un intellettuale europeo formatosi su libri, figuriamoci per degli austeri e severi mullah sciiti.

Ora, accade che molti di questi mullah oggi sono seriamente contrariati da un golpe che ha violato uno dei principi cardine della repubblica islamica (su questo farò un post). Cos'avranno pensato questi mullah quando hanno scoperto che le capacità di questi ragazzetti avevano anche un'utilità? Il Signore opera in modi incomprensibili.

Come superavano un filtro per accedere a MTV o a del porno, con gli stessi strumenti erano anche in grado di organizzare una resistenza repubblicana, convocare manifestazioni, formare collettivi, indire scioperi, far arrivare all'estero notizie... in una parola a superare il possesso dei mezzi di comunicazione del governo, esattamente come lo si era superato con le moschee 30 anni prima.

Lo scontro tra i sostenitori di Moussavi e quelli di Ahmadinejad, prima ancora che per il suo aspetto politico, è importante per il suo aspetto sociologico.

Anche quelli di Ahmadinejad usano il computer, ma alla fine finiscono per asservirlo ai media tradizionali. Con questo mi riferisco ad esempio all'uso a volte grottesco di Photoshop per aumentare il numero dei manifestanti o moltiplicare rampe di missili: se ci si riflette bene diventa chiaro l'asservimento del medium PC a un medium più arcaico, la fotografia pubblicata su un giornale. Ne consegue un'immediata perdita di potenziale per il medium più nuovo. Come costruire un'automobile, salirci sopra e farla trainare da dei muli.

Ma sul piano mediatico puro i rivoltosi hanno stracciato la concorrenza dei golpisti. Non c'è proprio partita, lo si vede a occhio. E non per il fatto che i media occidentali tifino per Moussavi. Cioè, magari è anche vero, ma è una cazzata.

E' che il dominio nei social network sta diventando un terreno chiave di questo scontro. Di fronte alla possibilità di filtrare twitter e facebook, leggo che utenti non iraniani hanno deciso di spostare il loro account in Iran e che questo renderebbe più difficile il filtering.

Non so francamente come questo funzioni ma a me interessa un'altra cosa: questa gente non sta aiutando gli iraniani per motivi ideologici del tipo "tirannia contro libertà". Per lo meno non solo. Lo fa principalmente per amicizia e solidarietà coi propri contatti.

La novità dei moti iraniani è proprio questa: si scopre per la prima volta che i contatti nei social network hanno un'utilità pratica che va al di là del mero rapporto individuale, e può arrivare ad influenzare in modo determinante l'esito di una battaglia politica estremamente seria.

Trad. da peyiknet.com - "gli errori dei golpisti"

Ovvero: una risposta indiretta anche a quelli che "vedrete, Moussavi sarà cooptato".
http://snipr.com/kd12l [www_peiknet_com]
Proseguono gli arresti dei politici riformisti a Teheran e in tutto l'Iran. Il governo golpista ritiene in questo modo di poter fermare la protesta decapitandola. La stessa politica di repressione messa in atto dallo Shah, e documentata nel libro "gli ultimi giorni" del dottor Ebrahim Yazdi (ora in arresto anche lui). Il governo golpista in questo modo sta cadendo nella stessa trappola in cui cadde lo Shah.

Il movimento di protesta che sta attraversando l'Iran è un movimento spontaneo. E' il risultato di due decenni di autocrazia, di soprusi, prevaricazioni e comportamenti illegittimi e immorali da parte delle forze paramilitari, cui quest'ultimo affronto delle elezioni ha fatto da detonatore.

I milioni che partecipano al movimento di protesta non hanno la minima idea di chi sia Jalaipour o cosa dica Tajzadeh. Forse, ora che costoro sono stati arrestati, i loro nomi saranno invocati negli slogan dei manifestanti. Però in questo momento il movimento chiede un'unica semplice cosa: l'annullamento delle elezioni e la loro ripetizione. E se persino Moussavi, Karroubi e Khatami facessero un passo indietro, saranno sorpassati dal movimento.

Questi tre personaggi, in questo momento, sono semplicemente gli unici che il movimento sia disposto ad ascoltare e seguire. Perciò nemmeno il loro arresto potrebbe dare i frutti che i golpisti si aspettano. L'unico risultato sarebbe il trasferimento della leadership del movimento all'estero: cosa che renderebbe estremamente felici i monarchici.

Coloro che credevano di rendere più salda la sicurezza e l'autonomia del paese con un golpe, in questo modo le hanno messe entrambe estremamente a rischio. Un movimento spontaneo, privato delle uniche persone che sia disposto a seguire, si radicalizza molto rapidamente. Soprattutto quando gode anche dell'appoggio e della protezione internazionale.

Su quest'ultimo punto, poi, il regime ha commesso un ulteriore errore: quello di rafforzare nella gente l'idea della protezione da parte degli Stati uniti. Lo stesso errore commesso da Alì Larijani quando in parlamento ha protestato contro le "intromissioni" dell'amministrazione Obama negli affari interni del paese.
Il suo discorso ha avuto ampia diffusione radiotelevisiva nel paese, e ha ottenuto proprio il risultato opposto: presentare gli Stati Uniti come protettori di coloro che sono quotidianamente repressi, bastonati e uccisi dal regime.

Una notizia non confermata ma imporante

La notizie più importanti di oggi è - sarebbe - sul fronte politico: la notizia (data dal Guardian) di una convocazione urgente dell'Assemblea degli Esperti da parte del presidente dell'organo, Rafsanjani.

Tenete conto che l'Assemblea degli esperti nomina la Guida (ha nominato Khamenei) che pertanto non è costituzionalmente il mostro onnipotente che molti credono. Non solo, ma ne controlla l'operato, lo pone sotto questione, e può revocarne lo status. Tenetevi questa, che mi serve per dopo.

Sulla Sette, a Otto e Mezzo, vedo due espertoni dell'Iran dire un sacco di banalità. La cosa mi dispiace perché mi sembrano personcine a modo. Non credo sia tanto colpa loro, quanto l'intero atteggiamento dei media occidentali che spinge gli "esperti" a concentrare l'attenzione su non meglio chiari "cambiamenti" in Iran.

Che cosa intende per "cambiamento in Iran", un occidentale?

Gli esperti hanno perso molto tempo a spiegare che i vari Moussavi o Karroubi provengono "dal seno della Repubblica Islamica stessa" anche se rivali di Ahmadinejad. Ma, chiedo, esiste un politico che non provenga "dal seno della sua repubblica", in occidente?

La loro appartenenza alla classe politica della Repubblica Islamica indicherebbe che tanto non cambia niente con Moussavi o con Ahmadinejad. Come no... Cambia così poco che per evitare la vittoria elettorale di Moussavi Ahmadinejad ha fatto un golpe, un milione di persone sono per strada tutti i giorni a Teheran e chissà quanti altri nelle altre città, la polizia occasionalmente spara sulla folla, internet filtrata, arresti in massa tra i partiti che avrebbero "perso" le elezioni, ed espulsi tutti i giornalisti stranieri dal paese.

Spiegaglielo che era meglio stare a casa, agli otto morti dell'altro ieri, che tanto non cambia niente. Sembra di sentire Al Zawahiri quando parla di Obama e Bush!

Questo è il "peccato originale" degli esperti iranisti visti stasera. Dannazione se ricordassi i nomi... una professoressa giovane e carina e un professore introno ai cinquanta. Non c'era Zarmandili, l'unico col quale mi trovo in genere d'accordo e di cui, guarda caso, ricordo il nome senza fatica.

Ora, dato che costoro hanno fatto delle previsioni da un tanto al chilo, ne faccio una anch'io. L'unica differenza è che io nel tanto al chilo ci metto anche l'effetto della massa, che io in questa fase considero essere "autocefala", e che per costoro in pratica non esiste perché "tanto non cambia niente". Tutto ciò mi riporta insomma ai "diversi scenari possibili" di cui parlavo all'inizio del post.

Scenario 1)

Rafsanjani e l'Assemblea degli esperti convocano Khamenei. Si rendono conto che la folla li potrebbe travolgere, in particolare Khamenei che è implicato direttamente nel golpe. Khamenei accetta di annullare le elezioni così salva se stesso e ciò che gli rimane in mano dopo la bravata, alla quale è stato forzato sostanzialmente dai pasdaran.

Emettono un comunicato congiunto e in santissima concordia che le elezioni sono da annullare. In questo Ahmadinejad verrebbe dato in pasto all'opinione pubblica come eversore. Il potere dei pasdaran e dei basij ne esce bruscamente ridimensionato, fino ad un loro possibile sciogliemento come arma autonoma. Mia sorella dice che Moussavi, dello scioglimento delle forze paramilitari parlava già fin dalla campagna elettorale.

A questo punto la palla passa nel campo dei Pasdaran: se il golpe e gli arresti si estendono alle massime cariche dello stato, si trovano di fronte l'intera nazione e - a quel punto - anche le forze armate.

In ogni caso una massa di pasdaran senza più potere potrebbe fare da manovalanza all'entrata di Al Qaeda in Iran con una serie di attentati terroristici sullo stile pakistano, cosa avrebbe sviluppi imprevedibili.

Scenario 2)

Khamenei resiste e viene deposto dall'assemblea degli esperti. In assoluto lo scenario più pericoloso, perché potrebbe essere preludio a una guerra civile. Borghesia nazionale, riformisti e conservatori pragmatici contro pasdaran, basij e clero intransigente. Lo ritengo poco probabile, per l'attitudine di Rafsanjani alla trattativa.

Scenario 3)

Khamenei convince l'Assemblea dei Guardiani di appoggiare il Golpe. Il presidente dell'Assemblea (Rafsanjani) ne esce pesantemente ridimensionato. Avviene la strage di civili e il movimento che combatte il golpe contro la repubblica islamica diventa rivoluzione contro la repubblica islamica tout court. Scenario altrettanto poco probabile.

Tendo ad escludere una cooptazione di Moussavi da parte di Ahmadinejad, di cui cianciava la bella professoressa a otto e mezzo. Gli ha fatto un golpe addosso, e se non era per la prontezza dei suoi sostenitori quello ora era nel carcere di Evin. Siamo seri, anche al qualunquismo c'è un limite.